I 3 punti chiavi dell’articolo: Cosa sono e quali sono le differenze tra realtà virtuale e aumentata (VR e AR) Realtà virtuale e aumentata a scuola: dati e insight I benefici di VR e AR per l’apprendimento Realtà virtuale e aumentata: un nuovo modo di apprendere Negli ultimi anni, le realtà virtuale e aumentata (anche note come VR e AR) sono entrate a pieno titolo nella didattica a scuola, offrendo a studenti e insegnanti la possibilità di vivere un’esperienza di apprendimento nuova, più stimolante e coinvolgente. Un’esperienza che rivoluziona non solo il modo di imparare e fare propri alcuni concetti, procedendo sul solco tracciato dalla didattica tradizionale, ma che permette di ampliare gli orizzonti e di sperimentare quanto appreso in prima persona. È innegabile, quindi, che il futuro dell’Education vedrà le realtà virtuale e aumentata diventare sempre più protagoniste: vediamo in che modo lo saranno per le scuole e quali sono i vantaggi che se ne possono trarre. Realtà virtuale e aumentata: definizioni e differenze La realtà virtuale (Virtual Reality o VR) è una tecnologia in grado di creare un ambiente interamente digitale e tridimensionale nel quale l’utente si immerge tramite appositi visori. Questo lo porta, di fatto, a esplorare un’altra dimensione in cui interagire con oggetti digitali, muoversi nello spazio attraverso i controller o direttamente con i movimenti del proprio corpo. La realtà virtuale è utilizzata, in ambito formativo, soprattutto per favorire l’apprendimento di competenze tecniche attraverso ambienti di lavoro simulati che permettono di esplorare determinate situazioni per poi portare quanto appreso nella realtà. È in questa prospettiva che si inserisce il cosiddetto Eduverso , ovvero uno spazio di realtà virtuale che ha come obiettivo la facilitazione dell’apprendimento tout court. La realtà aumentata (Augmented Reality o AR) è una tecnologica che consente, invece, un’esperienza parzialmente immersiva in cui si sovrappongono oggetti e informazioni digitali agli elementi del mondo reale che, di fatto, resta al centro dell'esperienza. Per esplorare la realtà aumentata non servono visori, ma bastano gli schermi, i tablet, gli smartphone e gli occhiali dedicati. Un esempio di realtà aumentata può essere legato allo studio della storia e delle arti visive: gli studenti possono rivivere eventi storici o esplorare luoghi e monumenti famosi attraverso utilizzando un QR Code o un'app dedicata, con cui visualizzare ricostruzioni digitali di siti archeologici o opere d'arte direttamente sulla scrivania della classe. Nella didattica è possibile utilizzare anche la realtà mista, che prevede una commistione tra le realtà virtuale e aumentata e crea ambienti in cui soggetti e oggetti reali e virtuali interagiscono tra di loro e con l’utente. Realtà virtuale e aumentata: trend in crescita L'interesse per la realtà virtuale e aumentata rimane solido nonostante le fluttuazioni negli investimenti nel settore, come rilevato da McKinsey. Nel corso dell'ultimo anno, secondo il rapporto, sono stati registrati almeno 7 round di investimenti di 100 milioni di dollari ciascuno, evidenziando un'impressionante fiducia nel potenziale di crescita di queste tecnologie. In particolare, il metaverso stesso è proiettato a generare un valore compreso tra i 4mila e i 5mila miliardi di dollari entro il 2030. Per quanto riguarda il sistema scolastico italiano, anche l'Osservatorio EdTech del Politecnico di Milano rileva un crescente interesse verso le tecnologie di realtà virtuale e aumentata. Su una base di 223 scuole intervistate, il 23% utilizza già queste tecnologie, mentre il 38% prevede di introdurle entro i prossimi 12 mesi. Allo stesso tempo, il 32% degli istituti indica che tali tecnologie non sono ancora state implementate, mentre il 7% non fornisce risposta in merito. Questi dati evidenziano la crescita del livello di adozione di VR e AR, suggerendo un'evoluzione significativa dell'approccio digitale all’istruzione . Al di là degli utilizzi, cosa cambia per la didattica adottando soluzioni digitali come VR e AR? Sempre secondo l’Osservatorio EdTech, primo tra tutti vi è un maggior coinvolgimento degli studenti (78%), seguito dall’inclusione di coloro che sono più introversi e/o hanno esigenze specifiche (68%) e dall’aumento dell’efficacia delle lezioni (50%). Inoltre, la realtà virtuale può aiutare a sviluppare competenze relazionali e comportamentali: in ambienti virtuali, gli studenti con esigenze particolari possono, per esempio, allenarsi a gestire situazioni di conflitto senza subire la pressione sociale di doversi confrontare con compagni e docenti. Realtà virtuale e aumentata: 3 benefici per l’apprendimento L'integrazione della realtà aumentata e virtuale offre a docenti e studenti un nuovo panorama di strumenti e risorse per arricchire l'esperienza di insegnamento e migliorare l'apprendimento, senza richiedere grandi competenze hard e soft. Tra i benefici annoveriamo: esperienze più realistiche. Le tecnologie VR e AR offrono agli studenti l'opportunità di immergersi in contesti educativi diversi tra loro, che rendono l'apprendimento più vivido e memorabile. maggior personalizzazione. Le applicazioni di VR e AR consentono di adattare la formazione a seconda delle esigenze di ciascun discente. Per esempio, gli studenti possono esplorare modelli anatomici tridimensionali per comprendere concetti biologici complessi a un livello che rispecchia le loro competenze e interessi specifici. più creatività e problem solving. Questi sistemi incoraggiano gli studenti ad affinare il pensiero laterale. Attraverso la creazione di mondi virtuali o la risoluzione di sfide interattive, gli studenti sviluppano capacità di problem solving e stimolano la creatività nel trovare soluzioni innovative. Integrare AR e VR nella scuola può dunque aprire nuove porte per l'apprendimento innovativo e la crescita degli studenti, preparandoli per sfide e opportunità in un mondo sempre più digitale. Fonti consultate: Technology Trends Outlook 2023 di McKinsey Osservatorio EdTech del Politecnico di Milano
I 3 punti chiave dell’articolo: Il problema competenze IT a scuola: di cosa si tratta Quanto serve il digitale negli istituti scolastici Come valutare il miglior computer per studenti: requisiti e specifiche Il ruolo del digitale a scuola Portare l’innovazione nella scuola è sempre un progetto articolato, che richiede attenzione in una serie di campi non solo tecnologici. Richiede, insomma, quelle stesse competenze trasversali che con sempre più frequenza si cercano di trasmettere agli studenti. Il miglior computer per la scuola, infatti, non è solo tecnologicamente avanzato, ma deve tenere conto di altre caratteristiche, in particolare quando si tratta di allestire, o rinnovare, le attrezzature informatiche. Si tratta di un trend che oramai fa parte del mercato Education: il digitale svolge, a livello europeo e italiano, un ruolo sempre più rilevante non solo in quanto strumento didattico, ma anche in quanto opportunità professionale futura per gli allievi. Scuola e digitale, la mancanza di competenze Nonostante il digitale sia presente in modo pervasivo anche a livello progettuale (si pensi per esempio al Piano Nazionale Scuola Digitale), l’Italia mostra ancora forti carenze in questo ambito. Carenze infrastrutturali e di dotazioni che, inevitabilmente, hanno il loro impatto sulle competenze acquisite: si pensi che la prevalenza delle competenze informatiche tra gli adolescenti italiani resta inferiore rispetto ai loro pari nella maggior parte dei Paesi UE. La soluzione passa dunque anche dalle attrezzature: solo con i dispositivi adeguati gli allievi saranno in condizione di migliorare le proprie skill digitali – a partire dal computer. Miglior computer per studenti: le caratteristiche tecniche A differenza di quanto si potrebbe pensare, le specifiche tecniche per i computer per studenti non hanno un ruolo fondamentale nella programmazione didattica. Documenti come il Piano Scuola 4.0, per esempio, non li esplicitano. Del resto, con l’evoluzione tecnologica sempre più rapida, questo rischierebbe di rendere obsoleti gli stessi programmi molto in fretta. Come orientarsi, quindi, per scegliere il migliori computer per gli studenti? Vediamo alcuni requisiti di base che occorre tenere a mente. Processore di ultima generazione. I vendor classificano di solito i propri processori in fasce di potenza, per esempio i3 o i5 che possono essere adatti per l’uso scolastico. Bisogna poi prestare attenzione alla generazione: oggi siamo giunti alla quattordicesima. Per chiarire, un processore i5 di quinta generazione, per esempio, è molto più datato e meno performante di un i3 di quattordicesima, nonostante l’apparente differenza di fascia. Dischi fissi. Oggi quelli allo stato solido sono un must-have per ogni sistema operativo, ma sarebbe preferibile orientarsi su quelli di tipo NVME, ancora più veloci e adatti per i prossimi anni. La capacità di riferimento, per un PC scolastico condiviso, dovrebbe essere di almeno 250 GB. Risoluzione dello schermo. Per i computer desktop la risoluzione di riferimento è Full HD, che si adatta anche a schermi di medie dimensioni. Per i portatili entry level si può considerare accettabile una risoluzione leggermente inferiore, per esempio HD, soprattutto per gli schermi con dimensioni fino ai 15 pollici. Un altro aspetto da considerare è la portabilità degli strumenti per gli studenti. Se i laboratori informatici sono ancora centrali per l’insegnamento delle materie più strettamente legate all’uso del computer, bisogna anche considerare che oggi il digitale dovrebbe costituire un supporto all’intera didattica. Gli studenti, quindi, dovrebbero avere accesso ai propri dispositivi durante tutto il periodo formativo. Nel caso di scuole primarie e medie, è preferibile puntare su soluzioni di tipo tablet o 2-in-1 che possano essere trasportati senza difficoltà e con pesi introno al chilogrammo. Nel caso di scuole secondarie, vanno privilegiate anche l’usabilità per lunghi periodi e l’autonomia, propendendo per soluzioni notebook. Com’è il miglior computer per studenti: resistente, flessibile e moderno Fra le altre caratteristiche da considerare troviamo anzitutto la resistenza meccanica. Si tratta di dispositivi destinati a essere trasportati spesso, utilizzati a intervalli irregolari e spesso in condizioni non ideali: occorre quindi affidarsi a notebook e tablet resistenti, per esempio, a graffi, sollecitazioni e pulizie aggressive. Inoltre, è necessario che si tratti di dispositivi flessibili sia dal punto di vista dei settori di utilizzo, che per quanto concerne la gestione di utenti e sessioni: non è raro, infatti, che questi possano essere utilizzati in condivisione da più studenti o riassegnati a persone diverse nel corso dell’anno scolastico o universitario. Sono necessari, quindi, sia un sistema operativo in grado di supportare utenze multiple, come le versioni più recenti di Windows o Android, sia sufficiente spazio di archiviazione. Inoltre, in un contesto in cui la didattica passa sempre più anche dalla multimedialità, la capacità di riprodurre audio e video di buona qualità è indispensabile. Infine, i dispositivi dovrebbero essere facilmente gestibili e riparabili, in modo da non creare disservizi prolungati in caso di guasti, rotture o in generale problemi tecnici. Per soddisfare questo bisogno si può ricorrere a piani di assistenza che prevedano garanzie prolungate e al noleggio operativo. Il miglior computer per studenti: una questione di equilibri I migliori computer per studenti sono, insomma, dispositivi equilibrati, per i quali non è necessario prendere in considerazione le sole specifiche strettamente informatiche. La scelta del partner giusto, in grado di supportare logiche di scala e fornire strumenti di gestione adeguati, anche per gli acquisti, le forniture e le eventuali riparazioni o sostituzioni, costituisce senza dubbio un importante valore aggiunto, per garantire agli studenti un livello di servizio che li aiuti nelle sfide della didattica moderna. Fonti consultate: Piano Nazionale Scuola Digitale Openpolis
I 4 punti chiave dell’articolo: Cos’è l’Eduverso Le differenze con il Metaverso Come cambia l’apprendimento I benefici chiave dell’Eduverso Cos’è l’Eduverso, un modo nuovo di intendere la scuola Con l’introduzione del Piano Scuola 4.0, previsto dal PNRR, e il diffondersi della didattica digitale, il mondo scolastico sta entrando in una dimensione diversa rispetto al passato. Non solo per quel che riguarda l’introduzione e l’utilizzo di strumenti tecnologici, ma anche perché stanno cambiando le modalità di apprendimento e di coinvolgimento degli studenti, fin dalle classi primarie. È in questo contesto che si inseriscono i cosiddetti mondi immersivi, capaci di fornire valore aggiunto alla formazione rispetto ad altre esperienze: questo è l’Eduverso, ovvero un Metaverso che riguarda essenzialmente i processi educativi. L’Eduverso si configura come un ambiente virtuale che integra tecnologie avanzate come realtà virtuale e aumentata e Intelligenza Artificiale con i principi alla base della gamification, in modo da creare dei contesti educativi che permettono agli studenti di accedere a una vasta gamma di risorse didattiche come lezioni interattive, simulazioni, laboratori virtuali ed esercizi pratici. Il tutto all’interno di un ambiente digitale controllato, che arricchisce il processo di apprendimento rendendolo più coinvolgente e personalizzato. Grazie alla sua natura digitale, l’Eduverso permette quindi di apprendere e interagire da qualunque posto e in qualsiasi momento, superando le limitazioni spazio-temporali che caratterizzano i tradizionali ambienti di apprendimento. Dal Metaverso all’Eduverso: cosa cambia Come macrocategoria, il Metaverso può essere definito come uno spazio tridimensionale all’interno del quale le persone possono muoversi, condividere informazioni, interagire e avere delle relazioni: si tratta di un ambiente legato alla realtà virtuale e aumentata che si sovrappone al mondo fisico. Sebbene molti associno il Metaverso al mondo Meta di Zuckerberg, in realtà “l’invenzione” di questo ambiente è da attribuire a esperienze particolari del comparto del gaming come Second Life. Il Metaverso consente quindi di agire in modo più rapido e diretto rispetto ai social media che ricalcano i confini del mondo reale. Interessante poi, secondo Statista, l’identikit del tipico user del Metaverso: se il 24% degli utenti ricade nella Generazione Z (composta in gran parte da studenti), è il 36% a essere il segmento preponderante e corrispondente alla Generazione X – in cui generalmente ritroviamo i docenti. Statista rileva anche che la maggior parte degli user ha una prepensione maggiore verso scienza e tecnologia (55%, a pari merito con la categoria sport), sono disposti a pagare di più servizi che rendono la vita più comoda e funzionale e, non da ultimo, sono generalmente innovators o early adopters (5% e 25%) di nuovi prodotti. Ed è in questo contesto che si inserisce l’Eduverso, la declinazione del Metaverso specificamente orientata al mondo educativo. Questa tendenza rappresenta un segmento in rapida crescita all'interno del settore dell'istruzione, segnando una svolta significativa nel modo in cui la formazione viene concepita ed erogata. Statista riporta una previsione di crescita notevole per gli investimenti in realtà virtuale e aumentata nel settore educativo, in cui rientra l’Eduverso: si stima che raggiungeranno i 24 miliardi di dollari a livello globale entro il 2030, registrando un tasso di crescita annuo composto del 40,29% tra il 2022 e il 2030. Quest’espansione è alimentata principalmente dalla crescente adozione delle tecnologie di VR e AR nelle istituzioni scolastiche, nonché da un incremento della domanda di formazione professionale erogata proprio in questi ambienti. Le proiezioni indicano inoltre che il numero di utenti che sfrutteranno l’Eduverso raggiungerà i 74 milioni entro il 2030: in questo scenario, si prevede che la quota di mercato specificamente dedicata all'impiego del Metaverso nel settore dell'istruzione si attesterà sui 67,2 milioni di dollari. Queste cifre testimoniano l'importanza crescente dell'Eduverso come strumento innovativo per l'insegnamento e l'apprendimento, delineando un futuro in cui la formazione fa leva sulle potenzialità offerte da ambienti virtuali immersivi . Tutti i benefici dell’Eduverso, per studenti e docenti L'innovazione nel panorama educativo, grazie all'introduzione dell'Eduverso, sta ridefinendo radicalmente l’approccio alla didattica, trasformando il modo in cui gli studenti vivono il processo di apprendimento. Questo modello, incentrato sull'esperienza diretta e personale degli alunni, si distingue per una serie di caratteristiche distintive che ne sottolineano l'efficacia e il potenziale trasformativo. Apprendimento attivo. Contrariamente ai metodi didattici convenzionali, che spesso relegano gli studenti a un ruolo passivo, l'Eduverso promuove un coinvolgimento attivo, immergendoli completamente nell'ambiente di apprendimento. Questo stimola una partecipazione diretta e consapevole. Coinvolgimento diretto. Per gli studenti, partecipare agli eventi nell’Eduverso interagendo con i contenuti in prima persona rende l'apprendimento più efficace, favorendo una maggior comprensione dei concetti. Formazione e socialità. Ogni attività educativa all'interno dell'Eduverso è progettata per incoraggiare l'interazione, sia con l'ambiente sia con altri utenti, promuovendo lo sviluppo di competenze comunicative e relazionali fondamentali. Oltre a questi aspetti, l'Eduverso rappresenta un potente strumento anche per i docenti, così da realizzare una didattica trasversale e multidisciplinare. Personalizzazione. L'Eduverso consente ai docenti di personalizzare l'esperienza di apprendimento in base alle esigenze, agli interessi e al livello di competenza di ciascun studente. Questo non solo aumenta l'efficacia dell'insegnamento ma consente anche di monitorare più attentamente i progressi individuali, offrendo supporto mirato dove necessario. Competenze multidisciplinari. Grazie alla sua natura trasversale, l'Eduverso incoraggia l'integrazione di diverse discipline, consentendo ai docenti di progettare percorsi formativi che collegano vari ambiti del sapere. Inclusività. L'ambiente virtuale dell'Eduverso è progettato per essere accessibile a tutti, inclusi gli studenti con bisogni educativi speciali. Questo permette ai docenti di includere efficacemente ogni studente nel processo di apprendimento, valorizzando la diversità e promuovendo un'atmosfera di rispetto e comprensione reciproca. Collaborazione. L'Eduverso facilita la collaborazione tra docenti, sia a livello nazionale che internazionale, offrendo una piattaforma per lo scambio di idee, progetti e buone pratiche. Questo consente agli insegnanti di arricchire la propria professionalità, esplorando nuove metodologie didattiche e ampliando il proprio network professionale. Attraverso la sua implementazione, l’Eduverso non solo migliora l'efficacia dell'insegnamento, ma prepara anche gli studenti ad affrontare le sfide del futuro con competenze, conoscenze e una mentalità adattabile e aperta all'innovazione: fondamentale, a questo punto, dotarsi del giusto kit tecnologico per il proprio istituto. Fonti consultate: Piano Scuola 4.0 Target Audience Metaverse Enthusiasts in Italy, Statista Metaverse Education Report, Statista
I 3 punti chiave dell’articolo Cos’è la Didattica Digitale Come sta cambiando il mercato dell’Education: dati e stato dell’arte Quali sono le opportunità di investimento nell’EdTech per scuole e università Didattica Digitale, i nuovi orizzonti L'anno 2024 si distingue come un momento cruciale nel percorso evolutivo del comparto Education, segnato dall'irresistibile ascesa della Didattica Digitale. Questa tendenza non rappresenta soltanto un cambiamento tecnologico, ma un vero e proprio salto qualitativo nel modo in cui l'apprendimento viene concepito e realizzato. In questo contesto, la tecnologia agisce da catalizzatore, abilitando metodologie didattiche innovative che ampliano gli orizzonti dell'istruzione. Si tratta di un'era in cui l'apprendimento si personalizza e si adatta a ritmi e stili diversi, offrendo esperienze formative più ricche e coinvolgenti. La sfida attuale è quindi quella di abbracciare questo cambiamento, rendendo insegnamento e apprendimento un processo più interattivo, accessibile e allineato alle esigenze di un mondo in rapida trasformazione. Vediamo allora cosa significa Didattica Digitale e quali sono le prospettive di sviluppo per il 2024, in modo da investire il giusto budget e minimizzare gli sprechi. Didattica Digitale: cos’è e perché servono buone infrastrutture di rete La Didattica Digitale è un approccio educativo che integra strumenti tecnologici e risorse digitali nei processi di insegnamento e formazione migliorando l'esperienza educativa degli studenti: in questo contesto, le infrastrutture di rete rappresentano la spina dorsale, perché essenziali per garantire un apprendimento fluido e interattivo. Nel 2024 è imprescindibile che le infrastrutture IT scolastiche siano all'avanguardia: questo si traduce in investimenti mirati in sistemi di connettività ad alta velocità, quali fibra ottica o reti wireless 5G, che permettono di gestire volumi elevati di dati e di assicurare un accesso stabile e veloce alle risorse didattiche online. La resilienza è difatti una caratteristica cruciale per prevenire interruzioni che potrebbero compromettere l'esperienza di apprendimento. Inoltre, l'implementazione di reti LAN o WLAN nelle istituzioni educative consente di ottimizzare la banda larga e governare in modo efficiente tutte le risorse digitali. Un'infrastruttura di rete solida è, quindi, il fondamento su cui costruire un ambiente di Didattica Digitale efficiente, sicuro e all'avanguardia. Didattica Digitale: gli strumenti per l'innovazione Quando si parla di Didattica Digitale, l’utilizzo dei dispositivi tecnologici gioca un ruolo critico, fungendo da interfaccia diretta tra studenti e il mondo digitale dell'apprendimento. Secondo dati dell’Osservatorio Didattica Digitale, si evidenzia che oltre 9 studenti su 10 possiedono almeno un device orientato alla produttività (pc, notebook, tablet, smart paper) per le loro attività scolastiche o universitarie. Di questi, circa il 48% li utilizza quotidianamente, una percentuale che sale a 6 su 10 tra gli studenti universitari, mentre un ulteriore 39% fa uso frequente di tali dispositivi per fini didattici. Solo poco più di 1 su 10, nonostante disponga di tali strumenti, li usa raramente come supporto allo studio. Per il 2024, quindi, è essenziale che scuole e istituti adottino e consentano l’utilizzo di strumenti smart aggiornati, duraturi, ergonomici, facilmente integrabili nel contesto educativo e volti a migliorare l'interazione e l'engagement degli studenti. Altrettanto importante è l'investimento in lavagne interattive e sistemi di proiezione che facilitino un apprendimento collaborativo e dinamico. Formazione del personale docente: perché potenziare le competenze ICT Una continua formazione del personale docente è poi cruciale per una Didattica Digitale che sia realmente efficace, specialmente quando si parla di Classi 4.0. A tal proposito Martina Mauri, direttrice dell’Osservatorio EdTech del Politecnico di Milano, ha dichiarato al Sole24Ore che, sebbene il 90% delle scuole abbia introdotto programmi di formazione per i docenti sull'uso degli strumenti digitali, nella maggior parte degli istituti almeno la metà dei docenti non si sente completamente a proprio agio nell’adozione di tali strumenti. Nel 2024, pertanto, l'investimento in programmi di sviluppo professionale specifici per l'educazione digitale diventa quindi imperativo. Questi dovrebbero essere progettati per equipaggiare gli insegnanti con competenze avanzate nell'uso delle tecnologie più recenti, nonché nelle metodologie di insegnamento online e ibrido. Un'enfasi particolare dovrebbe essere posta sull'apprendimento pratico, consentendo ai docenti di sperimentare direttamente con le tecnologie e le piattaforme che utilizzate in aula. Didattica Digitale e sicurezza: un investimento imprescindibile In questo contesto, non bisogna trascurare la sicurezza dei dispositivi e delle infrastrutture di rete per fare Didattica Digitale. In un'era in cui il mondo dell’Education si avvale intensamente di piattaforme online, la protezione dei dati e la privacy degli utenti sono di primaria importanza. Un investimento strategico in soluzioni di sicurezza robuste è cruciale per salvaguardare la comunità educativa da minacce cyber quali malware, phishing e attacchi informatici: tali soluzioni comprendono sia l'implementazione di firewall avanzati che di sistemi di rilevamento e prevenzione delle intrusioni. È inoltre essenziale la formazione continua di studenti e personale sull’argomento, sensibilizzandoli sui rischi online e sulle pratiche migliori per la protezione dei dati personali e istituzionali. In questo modo, la sicurezza diventa un pilastro integrato nella struttura della Didattica Digitale, garantendo un ambiente di apprendimento sicuro e affidabile. Didattica Digitale, come si stanno muovendo scuole e università Il budget per la Didattica Digitale si muove lungo alcune direttrici ben stabilite. Secondo una ricerca dell’Osservatorio EdTech sulle prospettive di investimento per scuole e università nel 2024, emergono diversi settori chiave in cui investire per migliorare come e dove la formazione viene erogata. Per le scuole, ad esempio, si nota un certo interesse verso le piattaforme di apprendimento con giochi interattivi, gli strumenti digitali per la gamification e l’integrazione sistemi di realtà virtuale e aumentata (VR e AR). Questi investimenti mirano difatti a rendere l'apprendimento più coinvolgente, utilizzando giochi e attività interattive che personalizzano l’esperienza di studio. Inoltre, la realtà virtuale e aumentata offre una modalità di apprendimento più immersiva e pratica, permettendo agli studenti di esplorare argomenti in modo visuale e arricchendo così l'istruzione tradizionale. Nelle università, si prospettano investimenti principalmente negli open badge per certificare le competenze acquisite, seguiti poi da gamification e VR e AR: gli open badge sono veri e propri attestati digitali che riconoscono soft e hard skill acquisite dagli studenti, spendibili poi nel mondo del lavoro come una certificazione. Didattica Digitale, il ruolo dell’Intelligenza Artificiale Non bisogna dimenticare, infine, il ruolo chiave dell'Intelligenza Artificiale come forza trasformativa, capace di rivoluzionare l'approccio all'insegnamento e all'apprendimento. Per i docenti, l'AI non rappresenta soltanto un facilitatore nell'adozione delle nuove tecnologie, ma estende anche le capacità didattiche: grazie a sistemi basati sull'AI, gli insegnanti possono accedere a strumenti di analisi e di gestione del percorso di apprendimento più sofisticati, che permettono di modellare le lezioni e i materiali didattici in funzione delle peculiarità e delle necessità di ciascun studente. Questo livello di personalizzazione era impensabile fino a qualche anno fa e apre a scenari inediti per un insegnamento più mirato ed efficace. Parallelamente, l'Intelligenza Artificiale si dimostra fondamentale per la sicurezza nella didattica. In un'era in cui i dati sono un asset prezioso ma vulnerabile, i sistemi intelligenti offrono soluzioni avanzate per la protezione delle informazioni: attraverso algoritmi di apprendimento automatico, l'AI identifica schemi anomali che potrebbero indicare tentativi di intrusione o di compromissione dei sistemi, intervenendo in modo preventivo e minimizzando i rischi. Questo aspetto è cruciale per mantenere un ambiente di apprendimento digitale non solo efficace ma anche sicuro, dove studenti e docenti possono operare con la massima tranquillità. Fonti consultate: Osservatorio Skuola.net Sole24Ore Osservatorio EdTech, Politecnico di Milano
I 4 punti chiave dell’articolo: Perché integrare realtà virtuale e apprendimento nelle scuole Quali sono gli ostacoli all’integrazione di tecnologie digitali nelle scuole Le categorie di device VR disponibili 2 esempi di integrazione tra realtà virtuale e apprendimento Realtà virtuale e apprendimento: perché è il connubio ideale Negli ultimi anni l’integrazione della realtà virtuale nell’apprendimento scolastico ha suscitato un grande interesse perché fornisce agli studenti modalità più coinvolgenti ed efficaci per imparare dei concetti e farli propri – in piena ottica Scuola Digitale. Attraverso l’uso di dispositivi di realtà virtuale (VR), infatti, gli insegnanti possono portare gli studenti in ambienti virtuali immersivi, offrendo loro svariate opportunità educative e dando modo di testare situazioni che difficilmente potrebbero vivere nella realtà. Basti pensare a come, grazie alla VR, gli studenti possano viaggiare attraverso il sistema solare, vedere da vicino le molecole di qualsiasi elemento oppure analizzare opere d’arte nel dettaglio. Se è innegabile che, con la giusta preparazione e attenzione, la realtà virtuale possa migliorare l’esperienza di apprendimento, è allo stesso tempo importante comprendere quali sono modalità e device più adatti al contesto scolastico e che tipo di esperienza offrono. 3 tipi di realtà virtuale per l’apprendimento Prima di analizzare i vari tipi di device, è bene ricordare che non tutti propongono lo stesso tipo di esperienza agli utenti. Sostanzialmente possiamo definire tre macrocategorie. VR non immersiva. In questo caso, l’utente non utilizza i visori ma entra nel mondo virtuale tramite console per computer dedicate: interagisce con i suoi interlocutori attraverso tastiere o controller, mantenendo il pieno controllo dell’ambiente fisico circostante. VR semi immersiva. In questo caso, l’utente ha la percezione di trovarsi in un ambiente virtuale quando è concentrato sull’immagine digitale, ma gli basta spostare lo sguardo per essere consapevole dello spazio fisico tutto intorno. Un esempio di esperienza VR semi immersiva è il simulatore di volo: i piloti in erba si trovano in un ambiente che, di fatto, ricrea la cabina di un velivolo, ma l’interazione con la VR avviene attraverso schermi e controller. VR immersiva. In questo caso, l’utente entra appieno nella realtà virtuale e si tratta, tra le tre tipologie, della simulazione più realistica poiché integra anche sensazioni uditive e visive. Questo di solito avviene tramite visori oppure Head-Mounted Display (HMD), un casco con uno schermo ad hoc che crea un effetto 3D stereoscopico, ricreando l’illusione della tridimensionalità tramite immagini, video o disegni. Realtà virtuale e apprendimento, il problema sta nella percezione Nonostante il potenziale insito nella realtà virtuale, investire in questa tecnologia viene però ostacolato da una certa resistenza da parte delle scuole, radicata in preoccupazioni legate ai costi, alla curva di apprendimento per gli insegnanti e alle infrastrutture IT necessarie. Questo non è un fenomeno isolato, poiché riflette una più ampia esitazione verso l’integrazione del digitale nell’apprendimento. Come riporta l’Osservatorio EdTech con una ricerca condotta su 223 istituti, oggi a investire su sistemi di realtà virtuale e/o aumentata è solo il 23% delle scuole: ciò si inserisce in una percezione diffusa secondo cui è ancora complesso adottare soluzioni digitali per la didattica. Oltre alle limitate competenze digitali dei docenti, come si evince nel 50% dei casi, l’indagine sottolinea la mancata percezione dei benefici delle tecnologie per l’apprendimento (23%) e una certa difficoltà nell’utilizzo delle stesse (26%). Affrontare la percezione diffusa riguardante la complessità nell'integrare tecnologie avanzate, come la realtà virtuale e aumentata, nel contesto educativo richiede l'intervento chiave di un Managed Service Provider (MSP) specializzato. Questa figura professionale può diventare il catalizzatore per la trasformazione digitale nelle scuole: collaborando con gli istituti, può non soltanto facilitare l'adozione di queste tecnologie in base alle specifiche esigenze e al livello di competenza digitale dei docenti, ma anche far emergere quantitativamente i benefici che derivano dal loro impiego. È così che l'innovazione tecnologica diventa un obiettivo accessibile, misurabile e, in ultima istanza, gestibile. Realtà virtuale e apprendimento: quali dispositivi adottare Il mercato offre oggi una vasta gamma di dispositivi pensati per la realtà virtuale, ciascuno caratterizzato da differenti gradi di immersione, determinati dal livello di partecipazione attiva dell'utente all'interno dell'esperienza stessa. 1. Desktop Virtual Reality (DVR) In questa categoria ricadono quei dispositivi che abilitano un’esperienza non immersiva. Sono infatti programmi per computer che simulano un mondo reale o immaginario in formato 3D, mostrato poi su uno schermo. Considerata di norma uno strumento ricreativo, il DVR consente a scuola di esplorare ambienti interattivi, sfruttare il potenziale della gamification e massimizzare la collaborazione tra discenti. 2. Fulldome Si tratta di sistemi di visualizzazione con campo visivo più ampio che ricreano un’esperienza immersiva a tutto tondo. In questa categoria troviamo dispositivi costituiti da un grande schermo curvo su cui vengono proiettate immagini panoramiche tridimensionali, che abbracciano l’utente a 360 gradi. 3. Embodied Mixed Reality Learning Environment (EMRELE) Gli EMRELE sono ambienti di apprendimento misto in cui gli utenti possono interagire con oggetti virtuali e fisici utilizzando diverse modalità sensoriali, compresi i sensi cinestetici. Sono così in grado di integrare elementi legati a realtà virtuale e aumentata, consentendo agli studenti di partecipare a esperienze educative più coinvolgenti utilizzando direttamente il loro corpo. 4. Immersive Virtual Reality (IVR) Gli Immersive Virtual Reality (IVR) abilitano un’esperienza di immersione totale attraverso la simulazione di un ambiente virtuale tridimensionale a cui accedere con il visore integrato: dal punto di vista dei benefici, gli IVR potenziano la navigabilità in prima persona, la dinamicità della scena e la visione stereoscopica molto di più rispetto alle altre categorie. Qui ritroviamo gli Head-Mounted Display. Realtà virtuale e apprendimento, due esempi per capire Diverse istituzioni scolastiche hanno capito il valore aggiunto della realtà virtuale nell’apprendimento, integrandola con successo all’interno dei loro programmi. Tra queste, spicca in Italia l'Istituto Superiore “Matteo Ricci” di Macerata che, grazie ai finanziamenti del PNRR previsti per le Next Generation Classroom, ha implementato l'uso di visori VR per diverse lezioni tipicamente tradizionali – come storia, geografia e chimica. Dopo una prima fase di sperimentazione legata solo ad alcune classi, l’istituto ha seguito una roadmap ben definita che non mira a sostituire la formazione frontale, ma a integrarla, arricchendola con una dimensione più stimolante: per questo è stato organizzato un corso di formazione per insegnanti, in modo da equipaggiarli con le abilità tecniche necessarie all'utilizzo dei visori, oltre a fornire loro le competenze didattiche per implementare efficacemente questa tecnologia all'interno dei percorsi di apprendimento. Analogamente, nel Regno Unito, la Reddam House nel Berkshire ha adottato la VR in modo estensivo nel suo curriculum. Gli studenti utilizzano i visori per approfondire i temi al centro delle lezioni, immergendosi anche in un Eduverso dedicato. Nathan O'Grady, responsabile del progetto, ha sottolineato come la realtà virtuale permetta di condurre esperimenti scientifici altrimenti irrealizzabili o troppo pericolosi per un'aula tradizionale, massimizzando così la sicurezza dei discenti. Fonti consultate: Osservatorio EdTech, Politecnico di Milano L’esperienza dell'Istituto Superiore “Matteo Ricci” di Macerata L’esperienza della Reddam House
I 3 punti chiavi dell’articolo: Cos’è il Piano Scuola 4.0 Le caratteristiche delle classi 4.0 e dei nuovi laboratori Perché una scuola 4.0: la direzione degli investimenti Classi 4.0, Piano Scuola e PNRR, facciamo ordine Quando si parla di PNRR, spesso si dimentica che questo sta già coinvolgendo la scuola per cui, entro il 2025, sono previsti degli importanti cambiamenti. Grazie a uno stanziamento di 2.1 miliardi di euro – come riporta il MIUR – gli spazi fisici delle scuole vengono trasformati in modo che possano “fondersi” con gli ambienti virtuali e diventare così “ibridi”. Il tutto per favorire nuove metodologie di insegnamento e apprendimento, ma anche per sviluppare competenze digitali che possano garantire l’accesso a nuove professioni. Tutto questo rientra nel cosiddetto Piano Scuola 4.0 e che porta, di conseguenza, a delle aule con una dotazione tecnologica diversa rispetto a quella tradizionale: sono le classi 4.0. Cosa sono le classi 4.0 e il nuovo Piano Scuola Il Piano Scuola 4.0 si propone l’obiettivo, per le scuole primarie e secondarie di I e II grado cui sono destinati i fondi, di riprogettare gli spazi didattici realizzando le classi 4.0. Definirle in questo modo, ovviamente, ha a che fare con il nome del piano investimenti previsto dal PNRR e richiama, allo stesso tempo, anche l’evoluzione di Internet, o meglio dire del web. Nel web 4.0, detto anche next gen, infatti, sempre più protagonisti sono la realtà aumentata, i Big Data, l’Intelligenza Artificiale e l’interazione tra macchine e persone resa il più naturale possibile – e questo vale anche per il mondo dell’Education. Andando nello specifico sul mondo della scuola, le classi 4.0 sono delle aule ibride: si tratta di spazi fisici progettati in modo innovativo che rendono possibili interagire con ambienti virtuali come l’Eduverso grazie a strumenti dedicati. Il piano Scuola 4.0 prevede che ciò avvenga attraverso due linee di intervento principali, ovvero la realizzazione delle Next Generation Classrooms e dei Next Generation Labs. 1. Cosa sono le Next Generation Classroom Come riporta il PNRR, le Next Generation Classroom sono circa centomila aule completamente ridisegnate e dotate di arredi modulari e adattabili, che consentono una rapida e più creativa riorganizzazione degli ambienti a seconda delle esigenze didattiche contingenti. Ognuna di queste classi 4.0 ha in dotazione la connessione a banda larga: sia studenti che insegnanti, inoltre, hanno per questo a disposizione strumenti digitali come schermi interattivi e dispositivi personali per la realtà aumentata, le materie STEM e la robotica. Un’evoluzione importante, dunque, se pensiamo che la Didattica Digitale nelle scuole, secondo l’Osservatorio EdTech, gioca già un ruolo importante nell’apprendimento. Basti pensare che oltre 9 studenti su 10 sono in possesso di un device - pc, notebook, tablet, smart paper - per portare avanti le loro attività scolastiche e, tra questi, il 48% li usa ogni giorno. In parallelo, sono aumentate anche le imprese che forniscono hardware e software per il comparto Education (Scuola e Università): coprono oggi il 70% del target. 2. Cosa sono i Next Generation Labs Insieme alle classi 4.0, altrettanto importanti sono i laboratori 4.0 o Next Generation Labs cui sono destinati 424 milioni, ripartiti in 124.044,57 euro ciascuno per i licei e in 166.455,50 euro ciascuna per le scuole del secondo ciclo che abbiano attivo almeno un indirizzo di istituto tecnico o professionale. L’obiettivo dei laboratori 4.0 è di ampliare l’offerta formativa delle scuole e aiutare gli studenti prossimi a inserirsi nel mercato del lavoro, a restare al passo con l’avanzare di nuove tecnologie che stanno già mutando l’operatività quotidiana: per indirizzare al meglio le competenze dei propri studenti, ogni scuola può organizzare questi laboratori in maniera autonoma e a seconda dell’indirizzo specifico. Al loro interno, studenti e studentesse possono sviluppare skill nei diversi ambiti - il tutto, come riporta il MIUR, attraverso attività di effettiva simulazione di luoghi, strumenti e processi legati alle nuove professioni. Classi 4.0, perché una didattica diversa In quale contesto si inserisce una trasformazione simile? Diverse scuole, come emerge dall’Osservatorio EdTech, stanno investendo in strumenti digitali per arricchire l’apprendimento. Secondo i dati raccolti, ad esempio, il 59% delle scuole sta implementando piattaforme di apprendimento basate sul gioco, per la creazione di quiz interattivi che stimolano l'interesse e la partecipazione dei discenti. Un ulteriore 39% adotta strumenti di gamification, utilizzando il gioco come leva per l'apprendimento, mentre il 23% sta vagliando le potenzialità offerte dalla realtà virtuale e aumentata per creare esperienze immersive. Questi sforzi si collocano all'interno di un quadro più ampio delineato dal Piano Europeo di Azione per l'istruzione digitale 2021-2027, che mette in evidenza la volontà di costruire un ecosistema educativo che sia non solo digitalmente avanzato ma anche inclusivo e accessibile, sottolineando l'importanza di sviluppare contenuti educativi digital-first e competenze ad hoc. Il piano mira a promuovere ambienti di apprendimento che siano integrati e ibridi, offrendo spazi come le classi 4.0 in cui la creatività e l'innovazione sono al centro dell'esperienza educativa. Un focus particolare viene posto sulle materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), con l'obiettivo di favorire l'interesse e le carriere in questi campi, soprattutto tra le studentesse. Questo approccio intende non solo colmare il divario di genere che caratterizza questi settori fin dall'ambito scolastico, ma anche preparare adeguatamente le nuove generazioni alle sfide del futuro. In questo contesto, le iniziative educative che incorporano strumenti digitali avanzati e metodologie innovative rappresentano una risorsa preziosa per formare individui capaci di navigare e contribuire efficacemente alla società digitale in continua evoluzione. Fonti: MIUR Piano Scuola Piano d'azione per l'istruzione digitale (2021-2027) Osservatorio EdTech, Politecnico di Milano
I 4 punti chiave dell’articolo: Cos’è l’as a service Quali sono le diverse tipologie di as a service Come cambiano le competenze in azienda Il ruolo del service provider As a service, il nuovo modello di business “La service revolution ha completamente cambiato il mondo”, affermano gli analisti di Allied Market Research. In particolare, si riferiscono al fatto che nell’ultimo ventennio il tradizionale modello di business basato sulla vendita di prodotti è stato gradualmente sostituito dall’offerta di servizi cui il cliente - azienda o consumatore finale - corrisponde una tariffa periodica direttamente proporzionale al contenuto del servizio stesso, e quindi alle sue esigenze. Nell’universo consumer, Netflix è l’esempio d’elezione, mentre il cloud è il paradigma che, in ambito business, incarna al meglio il concetto as a service. As a service in azienda e la spinta del cloud Oggi, l’IT ha bisogno di velocità e flessibilità poiché deve assecondare un business che chiede sempre nuove applicazioni, che vuole toccare con mano i benefici delle tecnologie innovative come l’Edge AI e diventare data-driven senza subire limiti di performance, scalabilità e sicurezza. Se a queste esigenze, e molte altre, dovessero seguire complesse procedure di acquisto di nuove macchine e software, con connesse attività di installazione, configurazione e gestione delle licenze, i tempi non sarebbero adeguati. Senza contare il tema dei costi, che potrebbe diventare insostenibile per molte realtà. Il modello as a service ha trovato la propria consacrazione con il cloud. Al posto di acquistare macchine fisiche e software a supporto del proprio business, il paradigma cloud consente alle aziende di usufruire di risorse infrastrutturali virtuali (IaaS), piattaforme di sviluppo applicativo (PaaS) e applicazioni (SaaS) sotto forma di servizi erogati via web da un cloud provider; le aziende, in questo modo, pagano solo ciò di cui hanno effettivamente bisogno, eliminando del tutto gli investimenti CapEx tradizionalmente indirizzati a nuove infrastrutture IT. Poco per volta, nell’ecosistema digitale tutto è diventato as a service, ovvero fornito sotto forma di servizio: i processi di backup & restore (Backup as a service, BaaS), il disaster recovery a supporto della continuità del business (DRaaS), addirittura i servizi bancari (Banking as a service, BaaS), quelli di mobilità (Mobility as a service, MaaS) e molti altri. Correttamente, gli analisti palano di Everything as a service (o XaaS), sottolineando non soltanto il successo del fenomeno (CAGR del 18,9% fino al 2031), ma anche il fatto che, nell’universo ICT, tutto possa essere ormai erogato come servizio. As a service e il tema delle Competenze Digitali Qual è dunque la relazione tra il paradigma as a service e le Competenze Digitali? Partiamo dicendo che, per supportare al meglio l’accelerazione digitale che coinvolge tutti i settori economici e qualsiasi impresa, sono necessarie competenze dedicate. Il cloud stesso, che è l’abilitatore per eccellenza della trasformazione, ha plasmato nuove professioni (si pensi soltanto al cloud solution architect o al cloud engineer), per non parlare di tutta l’area di gestione e valorizzazione del dato che rientra nel macrocosmo della data science. Limitando l’osservazione all’Italia, il fenomeno dello skill gap è particolarmente avvertibile e rischia di penalizzare fortemente tutto il nostro sistema economico e le nostre imprese, che sempre più spesso si trovano a competere in scenari globali. Il tema è molto ampio poiché richiede un percorso evolutivo di natura sistemica, che tocchi elementi culturali prima ancora di impostare percorsi formativi, di upskilling e reskilling. Ragionando su un orizzonte temporale di breve periodo, invece, una soluzione in grado di fornire competitività alle nostre imprese potrebbe essere proprio l’adozione massiccia del modello as a service. Questo, non solo con riferimento alle risorse cloud ma a “everything”, compresi i servizi di continuità del business, la sicurezza cyber, la resilienza e anche la gestione dei device di lavoro quotidiano – il cosiddetto device as a service – in un’era contraddistinta da una fortissima evoluzione verso paradigmi smart e ibridi. Delegare al service provider l’onere delle competenze Oltre a un tema di sostenibilità economica, delegare a un service provider la gestione di disparati servizi IT significa non doversi fare carico delle competenze necessarie. Facendo l’esempio dello IaaS, oggi è possibile delegare al provider non solo l’acquisto dell’infrastruttura fisica, ma anche tutte le tematiche relative a gestione, performance, resilienza, scalabilità e compliance di questa con policy e normative. Questo ovviamente richiede competenze dedicate di cui il mercato è molto avaro. In altri termini, attraverso l’as a service, le aziende possono usufruire di competenze iper-specialistiche cui non avrebbero avuto accesso da sole, e questo può creare un vantaggio competitivo reale. La delega di competenze riduce inoltre i costi di formazione delle imprese, che possono concentrarsi sulla crescita del personale senza disperdere risorse e dover riformare continuamente le competenze interne per adattarsi ai cambiamenti nelle tecnologie e nei requisiti del mercato. A tutto questo, infine, si aggiungono altri benefici più sottili e indiretti. Ad esempio, l'assenza di investimenti coraggiosi stimola le aziende a esplorare diverse soluzioni e tecnologie, e questo contribuisce a sviluppare un patrimonio di competenze più ampio rispetto alla concentrazione forzata su una singola opzione. Fonti consultate: Allied Market Research