I 3 punti chiave dell’articolo: Come è cambiato il panorama IT L’identikit del Managed Service Provider I 5 fattori per valutare un Managed Service Provider La complessità dell’IT L’ecosistema IT in azienda ha raggiunto oggi un alto livello di complessità, dovuto all’utilizzo intensivo di nuove tecnologie nell’operatività quotidiana, alla necessità di offrire un'esperienza utente ottimale e all'urgenza di rafforzare le misure di sicurezza. A questo scenario si aggiunge la sfida rappresentata dall’assenza di competenze IT tecniche sul mercato, un ostacolo che rende difficile alle imprese mantenere al proprio interno tutte quelle risorse per stare al passo con le evoluzioni tecnologiche. In questo contesto, un numero sempre maggiore di aziende sta scegliendo di collaborare con i Managed Service Provider (MSP), società esperte nella fornitura di servizi IT gestiti. Questa opzione consente infatti di affrontare con maggiore sicurezza e agilità le complessità del mondo digitale, avvalendosi di soluzioni tecnologiche avanzate e di un pool di competenze specializzate. Chi è il Managed Service Provider: l’identikit Un Managed Service Provider può essere definito come un’impresa che offre servizi informatici ad aziende clienti e si rivela un alleato fondamentali per massimizzare l'efficienza delle operazioni IT, senza però sacrificare il controllo sui costi. Questi fornitori offrono un'ampia varietà di servizi gestiti (managed), che spaziano dalla governance delle infrastrutture e delle reti IT, alla sicurezza informatica, fino al supporto per il cloud e la gestione di applicazioni e database, così come consulenza, formazione e assistenza per pc, laptop e l’intera dotazione tecnologica aziendale. La loro importanza deriva proprio dalle competenze che mettono a disposizione del cliente, che così può focalizzarsi sulle attività afferenti al suo core business. Ciò non solo assicura una struttura IT affidabile e protetta, costantemente aggiornata, ma permette anche una gestione delle spese più mirata, trasformando quelle impreviste in costi operativi pianificabili. In un'era dove la flessibilità tecnologica e la sicurezza dei dati sono cruciali, gli MSP soddisfano la crescente necessità di competenze tecnologiche specializzate, disponibilità 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 e una pronta reazione alle minacce in arrivo. I Managed Service Provider incarnano in modo emblematico il modello As a Service, che sta guadagnando sempre più terreno nel mercato attuale. Questo approccio si basa sulla fornitura di prodotti, servizi o soluzioni tramite un modello di abbonamento o pagamento basato sull'uso, piuttosto che attraverso l'acquisto o la licenza tradizionali. Gli MSP, operando proprio sotto questo paradigma, offrono alle aziende l'accesso a tecnologie e competenze IT avanzate senza che queste debbano investire in risorse interne o infrastrutture costose. Come valutare un Managed Service Provider: 5 fattori Nella valutazione di un Managed Service Provider per il workplace, è cruciale considerare una serie di parametri chiave che ne determinano l'efficacia e l'adeguatezza alle esigenze aziendali. Vediamo allora quali elementi devono guidare la scelta. 1. Verticalità L'esperienza e le competenze specifiche nel settore di riferimento sono fondamentali per garantire che il Managed Service Provider selezionato comprenda a fondo le sfide e le esigenze del business dell'impresa cliente. Un MSP con un track record comprovato in progetti simili offre non solo una maggiore affidabilità ma anche l'opportunità di attingere a soluzioni innovative già testate in contesti analoghi. Le certificazioni tecniche, inoltre, sono un indicatore della competenza e dell'impegno del fornitore nell'aggiornamento continuo delle sue conoscenze, assicurando che le soluzioni proposte siano all'avanguardia. 2. Scalabilità La capacità di offrire servizi scalabili consente all'MSP di adattarsi all'evoluzione delle esigenze dell'impresa, supportando la sua crescita senza interruzioni all’operatività. Questo parametro è centrale perché assicura che l’azienda cliente possa espandere o ridurre i servizi in base alle variazioni del mercato o alla propria strategia di sviluppo, garantendo così un investimento ottimizzato e flessibile nel supporto IT. 3. Cybersicurezza Nell'era digitale, la sicurezza dei dati e delle infrastrutture IT è prioritaria. Un Managed Service Provider che adotta politiche di sicurezza avanzate e dispone di un solido piano di risposta agli incidenti offre una garanzia indispensabile per la protezione delle risorse aziendali. In questo modo, è più facile prevenire le violazioni dei dati e mitigare i rischi legati agli attacchi hacker. 4. Trasparenza La trasparenza nelle comunicazioni e nelle reportistiche permette il monitoraggio efficace dei servizi erogati e dell'adempimento degli SLA. Questo aspetto è cruciale per mantenere una collaborazione basata sulla fiducia e sull'efficienza, permettendo all'impresa cliente di avere una visione chiara dei risultati ottenuti e delle aree di miglioramento, facilitando così il processo decisionale. 5. Flessibilità La flessibilità contrattuale riflette la capacità di adattamento del Managed Service Provider, offrendo termini che rispecchiano le reali necessità di business e consentendo modifiche al servizio in base all'evoluzione del contesto aziendale. Il supporto proattivo, d'altra parte, sottolinea l'importanza di un MSP che non si limita a reagire ai problemi ma li anticipa, proponendo soluzioni preventive e ottimizzazioni che migliorano continuamente l'efficienza e la performance dei sistemi IT dell'impresa. Fonti consultate: Statista Statista
I 4 punti chiave dell’articolo: Cos’è l’IT service management Processi e ruoli dell’IT service management Perché serve un provider di servizi gestiti L’analisi costi-benefici dell’IT service management Cos’è l’IT service management In termini generali, l’espressione IT service management o ITSM comprende tutte le modalità con cui le aziende erogano i servizi IT ai propri clienti interni e/o esterni. ITSM è dunque un insieme di processi, attività, policy e strumenti che definiscono il modo con cui fornire, monitorare e supportare un insieme eterogeneo di servizi relativi alle risorse aziendali hardware e software. La necessità di un approccio strutturato alla gestione dei servizi IT dipende da un fattore cruciale: le aziende sono sempre più vincolate alla tecnologia per svolgere le proprie attività quotidiane. L’IT service management entra in azione in una moltitudine di casi, che vanno dalla fornitura di un laptop nuovo ai dipendenti alla segnalazione di problematiche di diversa natura, senza dimenticare i processi di gestione di tutti gli asset infrastrutturali e applicativi e il mare magnum delle richieste di supporto da parte del personale (Service Desk IT). Erogare servizi di qualità, reattivi ed efficienti non va solo a beneficio della divisione IT, ma di tutto il business aziendale. Anzi, è opinione diffusa che uno dei benefici di ITSM sia proprio il miglior allineamento dei servizi IT agli obiettivi di alto livello dell’azienda. I framework dell’IT service management In quanto approccio strutturato per la gestione del ciclo di vita dei servizi IT, l’IT service management si basa su framework di riconosciuta efficacia, che oltre a fornire indicazioni e linee guida per la progettazione e l’erogazione dei servizi, sono il punto di riferimento per tutto il tema del monitoraggio e del supporto. Veri e propri riferimenti in quest’ambito sono ITIL, COBIT, MOF (Microsoft Operations Framework), Six Sigma, CMMI e ISO 20000. Da non dimenticare poi i principali processi ITSM, con cui si intendono tutte quelle attività che supportano l’attività dell’IT e che sono parte dei framework già menzionati. Tra queste, la gestione di richieste di servizio (Service Request), degli incidenti (Incident), delle modifiche (Change), delle configurazioni (Configuration), delle competenze e del miglioramento continuo. Perché ricorrere all’IT service management Adottare framework e pratiche ITSM all’interno di un’organizzazione determina dei benefici tangibili che impattano direttamente sulla sua competitività. Può essere utile, quindi, capire come incide l’IT service management su due aree: il business e l’IT. 1. I vantaggi per il business L'adozione di un solido framework di IT service management, supportato da strumenti di ultima generazione, migliora l'efficienza operativa dell’azienda, data l’ormai pressoché totale digitalizzazione di processi e attività. In particolare, le richieste vengono eseguite in tempi brevi e si riducono i tempi di fermo dei servizi, con la conseguenza di una maggiore produttività. Inoltre, ITSM migliora la soddisfazione degli utenti e dei clienti grazie alla maggior affidabilità dei servizi, che comporta anche un supporto tempestivo e di qualità. L’azienda diventa più agile nell’adattarsi ai cambiamenti, risparmia sui costi dovuti alle inefficienze e ottiene la certezza di conformità alle policy e ai regolamenti cui è soggetta. 2. I vantaggi per l’IT L'implementazione di un sistema ITSM porta a una migliore gestione delle risorse IT e a una maggior trasparenza operativa. L’IT service management fornisce infatti strumenti e processi strutturati per il monitoraggio e la misurazione delle performance dei servizi, consentendo all'IT di identificare rapidamente le aree di miglioramento. Inoltre, ITSM favorisce la scalabilità dei processi, riduce i tempi di risposta a incidenti e problematiche, e crea più collaborazione e allineamento tra i vari team IT. IT service management, quantificare le opportunità con l’analisi costi-benefici Abbiamo precedentemente identificato i principali benefici che spingono le aziende ad adottare approcci strutturati (secondo framework definiti) per la gestione dei servizi IT. Ma per quantificare la reale opportunità, che potremmo tradurre con un concetto generico di convenienza ad agire in tal senso, occorre metterli in relazione ai costi di cui l’azienda si deve fare carico. In primis, i costi possono essere suddivisi in diverse categorie, in particolare quelle dell’implementazione e della gestione dei servizi. Nella prima rientrano senza dubbio la formazione in questo ambito, le eventuali consulenze specialistiche, il disegno dei processi e, aspetto tutt’altro che secondario, l’adozione di specifiche piattaforme tecnologiche del mondo ITSM, che supportino – anche tramite tecnologie innovative – tutte le attività che costituiscono il servizio. Un’altra sfida importante, poi, è la necessità di ristrutturare i processi interni per adattarli ai dettami ITSM, che può comportare delle spese aggiuntive legati alla gestione del cambiamento e all'integrazione con altri sistemi aziendali. I costi di gestione sono poi principalmente legati al personale, che va supportato con attività di formazione continua e di perfezionamento delle skill, ma anche con sistemi che automatizzino le procedure manuali più routinarie; vi rientrano poi la manutenzione e l’aggiornamento dei tool nonché tutta l’area del monitoraggio, del miglioramento continuo e dell’auditing dei processi, finalizzata a garantire la conformità alle best practice ITSM. Il quadro si completa con la categoria dei costi nascosti, tutt’altro che semplice da inquadrare: vi rientrano, per esempio, quelli relativi al disengagement dei dipendenti in chiave di produttività. IT service management e il ruolo del provider di servizi gestiti Pur con tutta la complessità sottostante, procedere a una quantificazione delle voci di costo e dei benefici è la strada maestra per comprendere l’effettiva opportunità di ITSM nel contesto aziendale. Ma la trasformazione interna non è l’unica strada percorribile: delegare la gestione dei servizi IT a un Managed Service Provider (MSP) offre vantaggi come l'accesso immediato a competenze specializzate e a un’infrastruttura avanzata senza dover sostenere i costi di investimento iniziali e di gestione continua. Buona parte delle voci di costo identificate precedentemente viene così sostituita con una tariffa mensile accompagnata da livelli di servizio chiari e ben definiti. Spesso, questa può essere la strada maestra con cui usufruire dei vantaggi di servizi correttamente strutturati aumentando al tempo stesso il livello di sostenibilità economica, e quindi di opportunità. Fonti consultate: MarketsandMarkets
I 4 punti chiave dell’articolo: Cos’è il gemello digitale Come funziona il gemello digitale Il mercato dei digital twin Come potenzia la manutenzione predittiva Che cos’è il gemello digitale o digital twin Tra le tecnologie più di interesse per le aziende e con più alto potenziale trasformativo vi è sicuramente oggi il gemello digitale. Proprio come il nome suggerisce, si definisce gemello digitale o digital twin una replica virtuale di un oggetto, sistema o processo fisico che - grazie a tecnologie quali intelligenza artificiale (AI) e Internet of Things (IoT) - permette di monitorare, simulare e ottimizzare le prestazioni in tempo reale. In un contesto di mercato in cui digitalizzazione e sostenibilità sono due importanti driver di cambiamento, le imprese guardano con sempre maggiore interesse a tecnologie come il gemello digitale che consentono di rendere più fluidi i processi riducendo, al contempo, inefficienze e costi, così come l’impatto ambientale del business. E sono proprio questi alcuni dei vantaggi del gemello digitale: dalla progettazione dei prodotti, al loro aggiornamento, fino alla gestione del loro fine vita. Oltre a ridurre tempi e spese legate al processo d’innovazione, il gemello digitale mostra un grande potenziale anche nella gestione degli asset e, in particolar modo, nella manutenzione predittiva. Come funziona il gemello digitale Nell’ambito industriale, il concetto di gemello digitale si riferisce alla creazione di una replica virtuale estremamente dettagliata, che può rappresentare un singolo prodotto, un processo specifico, un macchinario o persino un intero stabilimento produttivo. Questa tecnologia si basa su un modello computerizzato che sfrutta i dati raccolti dal mondo reale per simulare con precisione il comportamento e le performance dell’oggetto fisico corrispondente. Grazie a questa capacità, diventa possibile monitorare e analizzare in tempo reale le condizioni di un asset, consentendo un controllo ottimale di prodotti, macchinari o processi produttivi. Il funzionamento del gemello digitale si avvale inoltre dell’apporto di algoritmi di intelligenza artificiale, che analizzano i dati per prevedere come variazioni specifiche, quali aggiornamenti o miglioramenti, possano influire sull’asset nel suo ambiente virtuale. Questo approccio permette di testare scenari diversi in modo sicuro e senza rischi per l’asset fisico, facilitando decisioni basate su dati concreti. Il valore aggiunto del gemello digitale sta però nella sua natura dinamica: non è una semplice fotografia statica, ma un modello in continua evoluzione, che si aggiorna e si adatta man mano che vengono raccolti nuovi dati. Questo sistema integra informazioni provenienti da diverse fonti, arricchito da analisi predittive e visualizzazioni, per offrire un quadro sempre aggiornato e accurato dell’asset fisico. In questo modo, il gemello digitale diventa uno strumento indispensabile per l’ottimizzazione continua e l’innovazione nei processi industriali, guidando le aziende verso un futuro sempre più efficiente e sostenibile. Come funziona la manutenzione predittiva con il gemello digitale La manutenzione predittiva è un approccio basato su raccolta e analisi dei dati per prevedere quando un componente o un sistema avrà bisogno di manutenzione, al fine di evitare guasti improvvisi e interruzioni all’operatività. Il gemello digitale ha un ruolo chiave in questo processo, in quanto permette di monitorare costantemente le condizioni dell’oggetto o del sistema nel mondo virtuale. Utilizzando i dati in tempo reale raccolti dai sensori e dai dispositivi di monitoraggio, il gemello digitale può identificare anomalie o cambiamenti nelle prestazioni, avvisando tempestivamente gli operatori di potenziali problemi imminenti. I dati che provengono dall’asset fisico vengono poi analizzati e comparati con lo storico delle anomalie passate: gli insight che ne derivano sono impiegati sia per prevedere futuri malfunzionamenti - e quindi organizzare gli interventi manutentivi - che per guidare gli operatori nella risoluzione dei problemi. Gemello digitale, la panoramica di mercato L’applicazione in ambito manutentivo è uno dei driver che guiderà la crescita del mercato, anche se le aziende stanno investendo nel gemello digitale proprio per la sua capacità di apportare vantaggi anche in altre aree del business. Secondo un rapporto di Capgemini - che ha analizzato l’adozione dei digital twin in 1000 aziende di diversi settori - già nel 2022 circa l’80% delle aziende aveva implementato programmi per introdurre questa tecnologia. Secondo il rapporto, le organizzazioni sono intenzionate ad aumentare l’adozione dei gemelli digitali in media del 36% nei prossimi cinque anni. Un livello di adoption che stimolerà la crescita del mercato, che nel 2020 valeva circa 5 miliardi di dollari e che, si prevede, crescerà con un CARG del 35% nel periodo 2021-2027. E tra i vantaggi in termini di produzione che favoriscono gli investimenti, si contano la riduzione dei costi (per il 79% degli intervistati) e il miglioramento dell’efficienza operativa (71%). Inoltre, per il 69% delle imprese, la capacità di prevedere comportamenti futuri degli asset rientra tra i servizi basati sui dati più impattanti offerti dal gemello digitale. Tra le aziende intervistate, un’importante realtà in ambito dell’aviazione è riuscita ad estendere l’intervallo tra gli interventi di manutenzione necessari del 50%. Manutenzione sempre più predittiva e intelligente grazie al gemello digitale A guidare la crescita delle applicazioni in ambito industriale ci sono anche ulteriori progressi delle tecnologie connesse ai gemelli digitali: il miglioramento degli algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning stanno rendendo questi sistemi in grado di fare previsioni sempre più accurate. Ciò consente alle aziende di arrivare a un punto in cui diventa possibile ridurre a zero i fermi macchina non pianificati e ottimizzare gli interventi di manutenzione in modo che avvengano quando ve ne è effettivamente la necessità. I macchinari e i processi possono quindi diventare ancora più affidabili ed efficienti, da un punto di vista energetico e ambientale. Inoltre, progressi nel campo delle tecnologie immersive, come la realtà virtuale e aumentata, così come l’integrazione dell’intelligenza artificiale generativa guideranno gli interventi di manutenzione a favore di maggiore semplicità, velocità ed efficienza. Fonti consultate: Capgemini
I 3 punti chiave dell’articolo: Cos’è l’Endpoint Protection e come funziona Il ruolo della protezione degli endpoint nel lavoro ibrido Qual è il mix ideale di tecnologie e funzionalità di Endpoint Protection Cos’è l’Endpoint Protection e perché è essenziale Con l’espressione Endpoint Protection si intende l’insieme di attività atte a proteggere tutti i dispositivi che accedono alle risorse aziendali. Nel comune ambiente lavorativo, il termine endpoint racchiude principalmente i PC desktop e i laptop, ma anche gli smartphone e i tablet, che con la transizione ai modelli di lavoro moderni sono diventati indispensabili strumenti di produttività. Alla luce di questa prima definizione, l’Endpoint Protection si rivela subito come uno dei pilastri delle strategie aziendali di sicurezza informatica, insieme alla salvaguardia di reti, identità e dati. La protezione degli endpoint ha sempre avuto un ruolo chiave nel panorama digitale, anche quando l’antivirus era l’unico (o il principale) baluardo contro le minacce interne ed esterne. Tuttavia, ciò che l’ha resa davvero essenziale è stata l’adozione di modelli di lavoro ibridi; oggi, infatti, i professionisti accedono alle risorse aziendali al di fuori della LAN, e perdono così la sua protezione. Endpoint Protection e lavoro ibrido: le sfide Il lavoro ibrido ha creato sfide totalmente inedite nell’attuale contesto di mercaato. Il rischio principale sta nell’accesso, da parte degli utenti aziendali, alle risorse interne attraverso dispositivi non aggiornati o reti non sicure. Inoltre, sussiste anche il rischio – secondario, ma ugualmente importante -che vengano memorizzati dati e contenuti riservati su device non sicuri, generalmente impiegati a scopo personale o in condivisione con altri utenti. Questi motivi sono più che sufficienti per obbligare le imprese a un constante monitoraggio degli endpoint, che di fatto devono diventare il primo baluardo della sicurezza aziendale. A maggior ragione, in un panorama in cui le principali minacce cyber, dai ransomware al phishing, passano proprio dai dispositivi di produttività. Endpoint Protection nel lavoro ibrido: serve una strategia Come detto, il mondo del lavoro è cambiato e questo crea nuove sfide. I dispositivi sono sempre di più, c’è una pericolosa commistione di strumenti aziendali e personali, nonché un accesso anywhere, anytime e any device a risorse aziendali anche critiche. Il tema va affrontato a tutti i livelli perché l’Endpoint Protection non è la soluzione a ogni problema di sicurezza; è un tassello, sia pur centrale, di una strategia più ampia di sicurezza informatica che coinvolge le persone, i processi, la cultura e, infine, gli strumenti di protezione. A titolo d’esempio: Gli endpoint vanno aggiornati tempestivamente con tutte le patch di sicurezza e, a tal fine, vengono in soccorso soluzioni di Unified Endpoint Management; Occorre definire policy di accesso alle risorse aziendali e di utilizzo dei device personali (BYOD, Bring Your Own Device); Occorre investire in percorsi di Security Awareness, ovvero in formazione sulle minacce e sulle best practice di sicurezza IT. Andando più nel dettaglio sull’Endpoint Protection in senso stretto, questo si sostanzia in un mix di due tipologie di difese: quelle che agiscono a livello di rete e quelle relative all’endpoint di turno e quelle che agiscono a livello di rete. Nel primo caso, l’azienda può (e dovrebbe) inibire l’accesso alle proprie risorse (dati, informazioni, app e documenti) sulla base di una serie di parametri definiti nelle policy generali di sicurezza. Nel secondo caso, le soluzioni più comuni sono piattaforme centralizzate che, mediante dei software agent installati negli endpoint, monitorano il loro comportamento, evidenziano situazioni anomale, impediscono azioni contrarie alle policy di sicurezza e, in senso lato, prevengono errori e li proteggono da minacce provenienti dall’esterno- specialmente nell’era del workplace digitale. A seconda dell’estensione funzionale, le soluzioni disponibili possono essere di quattro tipologie. Endpoint Protection and Response (EDR). Advanced Threat Protection (ATP). Endpoint Protection Platform (EPP). Extended Detection and Response (XDR). Endpoint Protection, come difendere i dispositivi di lavoro La protezione degli endpoint si concretizza, dunque, in una combinazione di tecnologie e di funzionalità, dalla cui integrazione e sinergia è possibile creare una soluzione sistemica efficace. Il punto di partenza, nonché derivazione diretta dell’antivirus tradizionale, è costituito dalle funzionalità anti-malware, che sempre più spesso si basano (anche) sull’analisi del comportamento dell’endpoint anziché affidarsi unicamente alle firme (signature) dei virus. L’analisi del comportamento è peraltro l’unico modo possibile per difendere un endpoint dalle minacce zero-day, ovvero da quelle non ancora conosciute. Non si può parlare di Endpoint Protection senza implementare la crittografia dei dati e meccanismi di conformità alle policy aziendali. Come detto, questo significa permettere l’accesso ai dati, ai sistemi e alle applicazioni previo soddisfacimento di apposite regole di compliance. Complice poi il ricorso sempre più frequente al lavoro ibrido, l’evoluzione degli strumenti di Endpoint Protection è molto serrata. Un’ottima piattaforma fa largo uso dell’automazione non soltanto per identificare tempestivamente le minacce, ma anche per attivare risposte istantanee; questo, oltre a migliorare la postura generale di sicurezza, ha un impatto positivo anche sui costi e sul coinvolgimento delle risorse specializzate, che possono essere impiegate per gestire solamente i casi dubbi o più complessi. Infine, ma non per importanza, da qualche anno si sta facendo strada anche in quest’ambito l’intelligenza artificiale, e in particolare il machine learning e l’Edge AI, che permette alle aziende di adottare un approccio predittivo per le minacce cyber. In termini pratici, ciò significa essere in grado di identificare e di gestire possibili minacce prima che si verifichi un vero e proprio incidente e senza compromettere la produttività aziendale. L’obiettivo, infatti, è esattamente questo: bilanciare produttività e sicurezza. Fonti consultate: NCC Group Verizon Statista
I 3 punti chiave dell’articolo: Cosa si intende per Digital Signage Il problema dell’Engagement Tutti gli usi del Digital Signage nel workplace Cos’è il Digital Signage Si è soliti associare il Digital Dignage, un mercato che vale più di 25 miliardi di dollari secondo Grand View Research, al concetto di Customer Engagement e, in senso più ampio, a quello di Customer Experience. Per definizione, il Digital Signage è infatti una modalità di comunicazione finalizzata a trasmettere a un pubblico specifico contenuti multimediali dinamici attraverso totem interattivi o schermi digitali, con il fine di catturarne l'attenzione e creare una connessione più forte tra l’azienda e i suoi interlocutori. Nell’ambito del customer engagement, il settore che fa più uso del Digital Signage è il retail. Oltre alla trasmissione in-store di informazioni statiche e video promozionali su schermi digitali componibili di qualsiasi dimensione, i retailer puntano alla personalizzazione dell’esperienza, ovvero sull’adattamento dei messaggi a tendenze di mercato, eventi specifici o stagioni. L’obiettivo finale, che deve tener conto di valutazioni di privacy, è personalizzare l’esperienza per il singolo cliente: grazie all’IoT, alle videocamere e ad algoritmi intelligenti, un totem interattivo può acquisire informazioni di altezza, corporatura e genere dell’utente, nonché il suo stile di abbigliamento, e suggerirgli in tempo reale un acquisto mirato. Digital Signage e disengagement in azienda Il concetto di engagement non si applica unicamente ai clienti, ma anche a tutti coloro che lavorano in azienda. L'Employee Engagement è infatti uno degli obiettivi cardine delle divisioni HR e della comunicazione interna; quest’ultima, in particolare, elabora, pianifica e implementa strategie finalizzate a rafforzare il coinvolgimento e il senso di appartenenza dei dipendenti all'interno dell'organizzazione. Poter contare su una workforce coinvolta è essenziale per qualsiasi struttura, dato l’intimo legame con la produttività. Tuttavia, secondo un recente report di Gallup relativo al mercato americano, solo il 23% della popolazione aziendale è coinvolto attivamente (engaged), mentre il 59% è in fase di quiet quitting, ovvero sta riducendo silenziosamente il proprio impegno senza manifestare segni di insoddisfazione o intenzioni di lasciare l'azienda. A livello globale, il costo per le imprese e per il tessuto economico è enorme: 8.800 miliardi di dollari di produttività persa, pari al 9% del prodotto interno lordo mondiale. Le sfide del Digital Workplace e il ruolo del Digital Signage L’adozione di modelli di lavoro smart rischia di contribuire al disengagement e al suo (enorme) costo, se non viene gestita nel modo giusto. Già con la pandemia, diverse aziende hanno compreso quanto fosse difficile creare o preservare l’engagement virtualizzando del tutto il lavoro. Molte hanno conseguentemente optato per modelli ibridi, così da dare spazio alla libertà individuale, e al tempo stesso mantenere un senso di squadra, di partecipazione alla cultura e agli obiettivi comuni. All’interno del quadro appena descritto, il Digital Signage può essere uno strumento cruciale per supportare al meglio le strategie di Employee Engagement, migliorando la comunicazione interna e creando un ambiente lavorativo moderno e dinamico. Digital Signage in azienda, come utilizzarlo In azienda, il Digital Signage è un canale di comunicazione immediato ed efficace per diffondere informazioni rilevanti. Vediamo una panoramica dei suoi impieghi, sia per la comunicazione interna che esterna. Annunci, notizie, aggiornamenti e il calendario degli eventi possono essere trasmessi istantaneamente a tutti i dipendenti, aggiornandoli ma soprattutto coinvolgendoli nell’universo aziendale e nei suoi progetti. Nell’era della virtualizzazione del lavoro, sentirsi emotivamente lontani dall’organizzazione è molto semplice, e per questo il Digital Signage è uno strumento che promuove la cultura aziendale e diffonde i messaggi chiave della vita dell’azienda. A tutto ciò si aggiunge la componente di personalizzazione. Le soluzioni di Digital Signage possono essere impiegate per diffondere i successi di uno specifico team e gli anniversari lavorativi, i complimenti personalizzati della leadership per il raggiungimento di certi risultati ma anche informazioni e dati acquisiti in tempo reale dai sistemi aziendali. Si pensi, a tal fine, all’avanzamento in tempo reale di determinati progetti legati alla sostenibilità. Il Digital Signage è inoltre interattivo. Alcune grandi aziende hanno implementato soluzioni di wayfinding, utilizzando questo strumento per agevolare il percorso delle persone verso specifiche aree, uffici o sale riunioni. Queste soluzioni, che spesso sono totem interattivi, forniscono istruzioni su come raggiungere la destinazione, e se questa è un asset condiviso come una postazione di lavoro o una sala riunioni, permettono anche di prenotarlo. Altre organizzazioni condividono sondaggi e chiedono feedback ai dipendenti tramite sistemi di Digital Signage interattivi e, all’interno delle sale riunioni, hanno installato tavoli o addirittura pareti interattive, i cui contenuti vengono condivisi immediatamente con tutti i partecipanti, anche quelli connessi da remoto. Infine, il Digital Signage ha un ruolo fondamentale nell'accoglienza dei visitatori, laddove può assumere le sembianze del totem, dei display di grandi dimensioni o anche dei videowall componibili. Questi strumenti non solo diffondono contenuti dinamici acquisiti in tempo reale, come la quotazione del titolo azionario, gli ultimi post sui social media o dati sulla sostenibilità ambientale, ma abilitano anche una modalità self e interattiva di registrazione e accesso in azienda, contribuendo a ottimizzare il processo di accoglienza. Fonti consultate: GrandViewResearch State of the Global Workplace, Gallup
I 3 punti chiave dell’articolo: Perché l’Unified Endpoint Management conviene Quali sono i rischi IT del lavoro moderno Quali sono i 3 plus di un servizio UEM Gestione unificata degli endpoint: la panoramica Il concetto di gestione unificata degli endpoint, o Unified Endpoint Management (UEM), si sviluppa in conseguenza della profonda trasformazione delle dinamiche di lavoro verso modelli agili e ibridi. Complice la pandemia, come riporta una ricerca Lenovo, il 70% dei dipendenti vorrebbe infatti lavorare in ambienti ibridi, che consentano loro di alternare l’operatività in presenza con quella da remoto. Questo non solo fa bene alla produttività, ma rende l’azienda molto attraente per i giovani talenti. Unified Endpoint Management, le minacce del lavoro moderno La trasformazione del modello di lavoro e la forte digitalizzazione hanno creato una serie di sfide per le divisioni IT delle aziende. Le persone non lavorano solo in ufficio, e di conseguenza i loro dispositivi di lavoro operano al di fuori della rete aziendale, con maggiore difficoltà di monitoraggio e protezione. I device di lavoro sono sempre di più. In poco più di un decennio siamo passati dal desktop come protagonista indiscusso a un mix di strumenti mobile come laptop, smartphone e tablet. Vi è il rischio di pericolose commistioni tra la sfera privata e quella professionale anche dal punto di vista dei device di lavoro. È piuttosto comune, ad esempio, accedere alle email di lavoro con il proprio smartphone, e lì ospitare documenti anche riservati. Molte aziende hanno sviluppato apposite policy BYOD (Bring Your Own Device), rivolte a governare proprio la convivenza di strumenti IT aziendali e personali. Tutto ciò si innesta in un quadro per nulla esaltante sotto il profilo delle minacce cyber, che negli ultimi anni sono perennemente in crescita. Più dispositivi da gestire e più attacchi formano un mix micidiale per la continuità del business, l’integrità e la confidenzialità dei dati. Senza contare l’aumento di pressione sullo staff IT, che non solo si trova a gestire richieste di supporto in crescita esponenziale, ma deve anche garantire una end-user experience all’altezza, pena una riduzione di produttività. Al posto di dedicare la propria giornata a progetti innovativi a supporto del business, il team IT rischia così di trascorrere il proprio tempo in attività routinarie come il riavvio dei sistemi, l’applicazione di patch e di aggiornamenti. Unified Endpoint Management, in che modo riduce i rischi Il concetto di Unified Endpoint Management nasce per vincere tutte le sfide appena citate. È una strategia di gestione, ma anche una piattaforma (o un insieme di strumenti, a seconda dei casi) il cui obiettivo è la gestione efficiente, centralizzata e integrata di tutti gli endpoint di un'organizzazione, a prescindere da tipologia, sistema operativo, applicativi in esecuzione, luogo in cui si lavora e reti cui ci si collega. Andiamo più nel dettaglio su come limita i rischi IT. 1. Ottieni informazioni sugli endpoint La gestione centralizzata è il concetto cardine dell’UEM. Osservando una sola console, il team IT (o il partner) acquisisce tutte le informazioni essenziali sullo stato degli endpoint, ma può anche agire sugli stessi in forma individuale o massiva adottando delle automazioni. Si pensi, a tal proposito, all’applicazione delle patch, alla distribuzione degli applicativi e alla configurazione dei dispositivi. Questo riduce il carico di lavoro degli amministratori di sistema e contribuisce a garantire una coerenza nelle configurazioni, tutte rispettose delle policy aziendali. 2. Trovi le criticità prima che diventino tali A seconda della piattaforma o dei contenuti del servizio, nel caso dell’outsourcing, l’Unified Endpoint Management va al di là delle operazioni routinarie. Le soluzioni più evolute adottano infatti un’analisi proattiva basata sui dati che ricevono dagli endpoint, così da identificare in anticipo possibili cause di guasto e di rallentamento delle performance, e attivare tutte le misure del caso prima che la criticità di manifesti. In questo modo, Unified Endpoint Management diventa un elemento fondamentale per gestire al meglio tutto il ciclo di vita dei dispositivi, non solo gli elementi ripetitivi come gli aggiornamenti e le patch. A titolo d’esempio, una piattaforma UEM potrebbe attivare automaticamente un processo di sostituzione del prodotto, con tanto di ordine al fornitore, qualora le performance rilevate siano troppo carenti e non ci sia modo di potenziarle. 3. Fai leva su una security di livello superiore Infine, ma non per importanza, c’è il tema della sicurezza, poiché la protezione degli endpoint è uno dei pilastri delle strategie moderne di sicurezza informatica. Compreso nel concetto di UEM c’è quindi l’implementazione di misure come la crittografia dei dati, il controllo degli accessi, la gestione delle minacce, la conformità alle normative e la protezione dei dati. Le soluzioni più evolute adottano paradigmi di sicurezza moderni come il monitoraggio e l’analisi del comportamento degli endpoint, così da individuare attività sospette, rilevare e anche rispondere efficacemente alle minacce (ad esempio scollegando l’endpoint dalla rete e bloccando alcune porte), così da garantire un workplace moderno, solido e produttivo. Fonti consultate: Lenovo Tech Today
I 3 punti chiave dell’articolo: Cosa significa aumentare la produttività nel workplace moderno I 3 pilastri per incrementare la produttività delle risorse Perché serve un fornitore unico in ottica DAAS Aumentare la produttività, il perno delle attività Alcune aziende ritengono che l’adozione di un paradigma di lavoro ibrido sia sufficiente per aumentare la produttività delle proprie risorse. Una logica, tuttavia, esiste: quando non più obbligate a trascorrere le giornate in ufficio, le persone si sentono più responsabilizzate, possono bilanciare meglio le esigenze professionali con quelle personali, sono più motivate e, di conseguenza, produttive. L’era del covid ha però dimostrato che la connessione tra Hybrid Work e maggiore produttività non è automatica. Soltanto lavorare lontano dall’ufficio, o alternando l’operatività in presenza a quella da remoto, non ha un impatto sulla produttività se non è assistito da tre pilastri fondamentali: una cultura aziendale adeguata, un modello organizzativo moderno e un ecosistema tecnologico in grado non soltanto di supportare le nuove modalità di lavoro, ma di stimolare produttività ed efficienza. Andiamo più nel dettaglio. 1. Aumentare la produttività attraverso cultura e organizzazione Le persone producono di più quando sono motivate a farlo, quando si sentono bene e percepiscono una connessione forte con i valori e con lo scopo dell’azienda. Questa però non è una conseguenza nativa dall’Hybrid Work ma della cultura sottostante, che deve sostenere al meglio il paradigma di lavoro moderno. Poter lavorare ovunque non deve essere percepito come un benefit, ma come il modo naturale con cui l’azienda opera, produce, condivide e collabora su base quotidiana, creando una connessione permanente tra le sue risorse a prescindere da dove siano e con quale device stiano lavorando. L’organizzazione, inoltre, deve essere strutturata per supportare nel migliore dei modi la coesistenza di lavoro in presenza e da remoto. Ormai, gli orari vincolanti hanno poco senso e, di sicuro, non servono ad aumentare la produttività: si rivela più efficace ragionare in chiave di performance e di obiettivi, definendo dei KPI sfidanti ma raggiungibili a prescindere dal dove e dal come. 2. La collaborazione per aumentare la produttività Per incrementare la produttività delle risorse, le aziende devono soprattutto stimolare la collaborazione ma, proprio in quest’ambito, la coesistenza di ambienti di lavoro fisici e virtuali crea sfide non da poco. I modelli di lavoro tradizionali, fondati sull’ufficio come cuore dell’esperienza, creano nativamente una relazione tra le persone, e questo è fonte di sviluppo dei rapporti, di creatività e di potenziamento della capacità innovativa di tutta la struttura. Oggi, nell’era del lavoro ibrido, è più complesso trasmettere i valori aziendali alle persone, far sì che si sentano parte dell’organizzazione e, ovviamente, che siano stimolate a interagire e collaborare. La coesistenza di lavoro in ufficio e da remoto fa sì che il contatto umano non si perda, ma bisogna porre in essere delle strategie tese a rafforzare la solidità della community aziendale, a stimolare il dialogo e la condivisione efficace delle informazioni. 3. Aumentare la produttività è anche una questione tecnologica Inoltre, l’Hybrid Work può aumentare la produttività a patto di poter contare sugli strumenti giusti. Non esistono modelli di lavoro agili che non facciano perno sul digitale, poiché abilita l’accesso remoto alle risorse aziendali, stimola la collaborazione e la condivisione attraverso piattaforme dedicate - Microsoft Teams è l’esempio d’elezione – fino a rendere omnicanale la comunicazione, introducendo automazione nei processi e avvicinando le persone, sia pur in forma virtuale. Anche l’ambito tecnologico, però, apre diverse sfide. Le aziende, infatti, sono chiamate a implementare e gestire molteplici componenti: le piattaforme software, che sono il cuore della produttività e della collaborazione moderna, ma anche i device che supportano il lavoro ibrido come laptop, smartphone e tablet. Inoltre, le imprese devono creare una connessione permanente e produttiva tra il fisico e il virtuale (in questo caso si parla di phygital), tra gli uffici e le risorse che lavorano da remoto. Le sale riunioni, sotto questo profilo, sono diventate il luogo di collaborazione per eccellenza proprio perché mettono in relazione gruppi diversi: chi è presente in loco, chi lavora in altri uffici e chi opera da remoto, oltre a potenziali partner e clienti. Ovviamente, tutto ciò è possibile a patto di dotare le meeting room di un corretto ecosistema di soluzioni software e hardware, tra cui piattaforme UCC (Unified Communications & Collaboration), monitor, console di controllo, webcam, soundbar e non solo. Aumentare la produttività con l’Hybrid Work, come orientarsi L’Hybrid Work non è semplice da gestire, neppure sotto il profilo della tecnologia abilitante. Rispetto a un tempo, la quantità di dispositivi, piattaforme e soluzioni è aumentata in modo esponenziale, e le aziende devono governare il fenomeno preservando sia la continuità operativa che la sostenibilità economica. È fondamentale, in questa prospettiva, ridurre il più possibile i fornitori tecnologici per non creare frammentazione e dover poi gestire in modo indipendente e con interlocutori diversi ogni intervento di manutenzione sui dispositivi, tutti gli aggiornamenti e i potenziali guasti. Idealmente, un solo partner dovrebbe farsi carico della fornitura, dell’implementazione e gestione dell’intero ecosistema tecnologico dell’Hybrid Workplace, così da rispondere rapidamente alle esigenze e alle sfide emergenti, alimentando (a sua volta) la produttività aziendale.
I 3 punti chiave dell’articolo: I 3 indicatori per valutare quando un PC è obsoleto I 5 rischi di un PC obsoleto Quali strategie per arginare i rischi PC obsoleto, 3 indicatori per valutare l’obsolescenza I computer oggi sono lo strumento di lavoro principale per numerosi compiti e professioni, non solo collegate al mondo della tecnologia. Proprio in questo caso, il rischio di avere a che fare con dispositivi non più all’altezza dell’operatività è molto alto. Come ogni macchinario, oltre a dover essere opportunamente manutenuti, anche i computer sono soggetti a obsolescenza: se in altri casi questa può essere più palese, identificare un PC obsoleto può essere difficile per chi non è un addetto ai lavori del settore. Tuttavia, ci sono 3 indicatori che possono aiutarci in una prima valutazione. Sistema operativo non più supportato. Generalmente i PC per uso professionale nascono con un sistema operativo loro contemporaneo. E, sempre come indicazione generale, il supporto a un sistema operativo commerciale dura circa dieci anni. Per identificare un PC obsoleto, quindi, è sufficiente verificare se il supporto per il sistema operativo è attivo: se non lo è, è necessario provvedere a un cambio. Costante carenza di risorse. Se tutte le operazioni ordinarie risultassero difficoltose per mancanza di spazio o di memoria, potremmo essere di fronte a un computer poco o nulla aggiornato. Calo di affidabilità. Fra tutti i segnali è il più evidente: quando iniziano a manifestarsi spegnimenti improvvisi, perdita di dati o rallentamenti consistenti è molto probabile che si sia ben oltre la soglia dell’obsolescenza. I 5 rischi di un PC obsoleto Man mano che la tecnologia continua a evolversi, le aziende si trovano di fronte alla sfida di restare al passo con gli ultimi sistemi e mantenere alta la loro competitività: tutte quelle che si affidano ancora a computer obsoleti, non più supportati dai relativi fornitori, possono incorrere in rischi significativi, inclusi minacce alla sicurezza informatica, tempi di inattività e perdita di dati. L'impatto dell'obsolescenza sulla continuità operativa non può essere sottovalutato, ed è per questo che è importante agire per mitigarlo. Vediamo allora i 5 grandi rischi associati a un PC obsoleto. 1. Sicurezza I PC obsoleti non possono utilizzare le versioni più recenti dei sistemi operativi. Questo significa che le nuove vulnerabilità non potranno essere risolte, esponendo così il terminale, e l’azienda, a potenziali data breach: si pensi che nel 2023, secondo IBM, il costo medio a livello mondiale per una violazione del genere ha raggiunto i 4,45 milioni di dollari, con un incremento del 15% nell'arco di tre anni. 2. Riparabilità Come accade ad esempio nell’automotive, anche per quanto riguarda i computer i produttori garantiscono la riparabilità per un numero di anni ragionevolmente alto ma non illimitato. Se il PC fosse ben oltre la soglia dell’obsolescenza, i componenti necessari potrebbero non essere reperibili nemmeno sul mercato. Questo significa che, se si tratta di uno strumento critico o strategico, l’azienda potrebbe non avere soluzioni alternative. Parallelamente, mantenere in funzione un PC obsoleti può comportare costi più elevati rispetto all'investimento in nuovi dispositivi. I costi di riparazione, il supporto tecnico per hardware non più supportati e l'inefficienza energetica degli apparecchi più vecchi possono accumularsi, gravando sul budget IT dell'azienda. 3. Produttività Hardware e software obsoleti sono spesso soggetti a malfunzionamenti e crash, che possono causare significativi tempi di inattività. Questo non solo interrompe le operazioni quotidiane, ma può anche risultare in perdite economiche dirette e una riduzione della produttività dei dipendenti, che si trovano a dover attendere che i sistemi vengano ripristinati. 4. Flessibilità Se un PC è obsoleto, potrà utilizzare principalmente sistemi operativi e software a loro volta obsoleti: questo significa che i processi aziendali sono vincolati al minimo comune denominatore dei sistemi già presenti. Si pensi, per esempio, all’impossibilità di utilizzare le condivisioni via Cloud, sicure, affidabili e semplici da gestire, perché alcuni dei computer non supportano nativamente questa tecnologia o non sono compatibili con i client necessari. 5. Sostenibilità L'uso prolungato di hardware obsoleti contribuisce negativamente all'impronta ambientale dell'azienda. I vecchi PC tendono a essere meno efficienti dal punto di vista energetico e, senza un'adeguata politica di smaltimento, possono diventare un problema di e-waste, con ripercussioni sull'ambiente. Senza dimenticare le emissioni di CO2, che impattano direttamente sull’approccio sostenibile messo in atto dall’azienda. Come arginare i rischi di un PC obsoleto Naturalmente, la prima e principale opzione in questi casi è la sostituzione del computer obsoleto, eventualmente anche attraverso formule come il noleggio operativo o il PC As a Service . Tuttavia, quando la sostituzione immediata non è fattibile per questioni di disponibilità o per motivi strategici, esistono strategie per mitigare temporaneamente i rischi. Una pratica consigliata è limitare l'accesso del PC obsoleto alla rete esterna, poiché il suo isolamento lo protegge dalle minacce dirette che comunemente prendono di mira dispositivi non aggiornati. In aggiunta, è prudente evitare l'uso di tali dispositivi per funzioni aziendali critiche o strategiche: sia che si parli di memorizzare dati sensibili come quelli di un database aziendale, sia che il dispositivo sia utilizzato in postazioni cruciali come la reception, il rischio di malfunzionamenti o di ridotta efficienza dei computer potrebbe avere ripercussioni negative significative sulla produttività dell'intera azienda. Fonti consultate: IBM
I 3 punti chiave dell’articolo: I due problemi che il noleggio operativo dei PC risolve Perché conviene il noleggio operativo in 3 punti La differenza tra noleggio operativo dei PC e Managed Service Provider Come valutare costi e rischi del servizio di noleggio Noleggio operativo PC, perché è essenziale La gestione dell’infrastruttura IT per le aziende è un onere sempre più importante. Il digitale, in termini generali, svolge un ruolo fondamentale anche per quelle imprese che non hanno una connotazione tecnologica. Si pensi, per esempio, alla semplice gestione contabile o finanziaria attraverso un software gestionale, ai rapporti di lavoro via posta elettronica o all’organizzazione di appuntamenti e di schede cliente. Sono attività semplici e ordinarie ma che presuppongono l’utilizzo di computer sufficientemente performanti da non intralciare il lavoro ordinario e sufficientemente sicuri da non compromettere l’azienda. Il noleggio operativo di PC (noto anche come locazione operativa) è pertanto una risposta a questo bisogno: permette alle aziende, infatti, di disporre di computer nuovi, aggiornati e adeguati senza ulteriori complicazioni, con un impegno a canone mensile. Noleggio operativo PC: una soluzione a due problemi Perché con la gestione tradizionale le aziende tendono a usare computer datati? La soluzione è da cercare sia nella consuetudine che nella normativa che regola la gestione dei beni aziendali. La prima, in un territorio come quello italiano fortemente legato ad artigianato e manifattura, vuole che i macchinari, a cui spesso PC e dispositivi elettronici sono assimilati, vengano utilizzati per lunghi tempi fino a quando la dismissione è inevitabile. Questo è legato anche a degli aspetti normativi: il meccanismo dell’ammortamento distribuito su più anni, per esempio, costringe numerose aziende a distribuire la spesa per i computer su un numero di anni superiore al loro tempo di obsolescenza. Il noleggio operativo dei PC è per questo la risposta ideale: dal lato organizzativo, la rotazione dei dispositivi è gestita dal fornitore, mentre dal punto di vista normativo il canone fisso del noleggio è interamente deducibile, diversamente da quanto accade con gli ammortamenti. Noleggio operativo PC o acquisto? Come valutare i costi Il noleggio operativo dei PC consente di cambiare completamente il paradigma dei costi. Se nella gestione tradizionale, infatti, era necessario considerare la spesa iniziale dei dispositivi, gli anni di ammortamento e la rivalutazione patrimoniale del valore del bene, attraverso il noleggio operativo il tutto si riduce a un canone mensile, che non incide sui beni a carico all’azienda. Nella valutazione dei costi e dei benefici di questa modalità di fornitura, bisogna poi considerare anche la manutenzione delle attrezzature: anche questa, infatti, può essere compresa nel canone del noleggio operativo, garantendo un migliore controllo dei costi e una considerevole semplificazione dei relativi processi. Va da sé, inoltre, che il noleggio operativo dei PC e il ricorso a un Managed Service Provider sono diversi: la differenza risiede nel livello di servizio e supporto offerto. Mentre il primo si concentra sull'aspetto finanziario e sulla fornitura dell'hardware, un MSP offre un pacchetto completo di servizi IT gestiti che possono coprire tutti gli aspetti della tecnologia impiegata in azienda. Perché conviene il noleggio operativo PC Abbiamo accennato in termini generali le caratteristiche principali di questa modalità. Ma quali sono i vantaggi concreti per le aziende? Ricordiamo i tre principali. 1. Contrasto all’obsolescenza I computer obsoleti non sono solo inefficienti, ma sono un rischio per la sicurezza dell’infrastruttura. Sistemi operativi e hardware non più supportati -si pensi a Windows 10 - possono essere oggetto di vulnerabilità mai più risolte a causa del termine del supporto. Nel noleggio operativo di PC, invece, la rotazione dei computer è stabilita a livello contrattuale e impedisce l’invecchiamento eccessivo del parco macchine. 2. Basta guasti e malfunzionamenti Anche se i computer sono tipicamente coperti da garanzia, la sostituzione e la manutenzione sono processi che rischiano di tenere immobilizzata il personale per lungo tempo. Un tipico noleggio operativo prevede sia la manutenzione che la sostituzione in caso di guasto, così da governare meglio i costi, anche di manutenzione, e di disporre di PC sempre funzionanti ed efficienti. 3. Cambiamento del paradigma dei costi La locazione operativa dei computer avviene tipicamente a canone fisso mensile. Questo ha due importanti risvolti dal punto di vista economico: il primo è lo spostamento del centro di costo dagli investimenti (Capex) alla spesa corrente (Opex), il quale introduce benefici dal punto di vista fiscale; in secondo luogo, il noleggio operativo permette di evitare grandi uscite di liquidità in periodi prestabiliti, a favore di una spesa costante. I rischi del noleggio operativo PC Se il noleggio operativo offre indubbiamente una serie di benefici, quali la possibilità di accedere a tecnologie all'avanguardia senza onerosi investimenti iniziali e la flessibilità di aggiornare l'hardware in modo efficiente, è fondamentale prendere in considerazione anche alcune sfide che potrebbero emergere. La prima riguarda la gestione del personale e l'adattamento a nuove tecnologie. L'introduzione di sistemi operativi aggiornati e versioni più recenti di software richiede non solo un aggiornamento delle competenze tecniche ma anche un'efficace gestione del cambiamento all'interno dell'organizzazione. Questo può implicare la necessità di organizzare sessioni di formazione specifiche per garantire che tutti i dipendenti siano in grado di utilizzare efficacemente le nuove tecnologie e mantenere alta la produttività. La seconda sfida è particolarmente rilevante per le aziende che dipendono da applicazioni legacy o da soluzioni software personalizzate. Il trasferimento di questi sistemi sui nuovi dispositivi noleggiati può presentare complessità sia dal punto di vista tecnico che legale: da un lato, assicurarsi che software vecchi o su misura funzionino correttamente su hardware aggiornato può richiedere interventi di compatibilità mirati; dall'altro, la gestione delle licenze software in un contesto di noleggio operativo può necessitare di una verifica attenta per evitare violazioni dei termini di licenza o compliance. Questo potrebbe implicare la necessità di negoziare nuovi accordi con i fornitori di software o di investire in licenze aggiuntive. Pertanto, è essenziale pianificare in anticipo il passaggio al noleggio operativo, coinvolgendo adeguatamente il personale e valutando tutte le implicazioni tecniche e legali, per sfruttare appieno le opportunità offerte da questa modalità di accesso alla tecnologia.
I 3 punti chiave dell’articolo: Cos’è l’IT sourcing e perché serve I problemi che l’IT sourcing risolve rapidamente 4 buoni motivi per scegliere l’IT sourcing IT outsourcing, cos’è e come funziona Molte aziende adottano l’IT outsourcing per la gestione dei propri asset: si tratta di quel complesso di attività atte a garantire la disponibilità, l’operatività, l’aggiornamento costante e la sicurezza degli strumenti digitali che contribuiscono al funzionamento e al successo dell’impresa. Nell’universo aziendale, l’espressione asset IT ha un ambito di applicazione piuttosto ampio, poiché in questo termine vi rientrano le infrastrutture informatiche e i dati, le piattaforme IT su cui si basa il business, ma anche i PC, i notebook, gli smartphone, i tablet e le dotazioni degli ambienti lavorativi come le sale riunioni, con i suoi monitor, sistemi audio e controller. Nell’ambito hardware, quando si parla di ciclo di vita di un asset ci si riferisce invece a un processo articolato che comprende: La fase di acquisto (procurement) e tutte le relative attività di selezione dei fornitori, di gestione delle offerte e di negoziazione dei contratti; La configurazione e implementazione, poiché una volta acquistati, i dispositivi devono essere configurati ad hoc e integrati nell'ecosistema informativo esistente; La manutenzione e l’aggiornamento, fondamentali per garantire la sicurezza e le performance del dispositivo; L’inventario costante degli asset stessi; Il monitoraggio e la gestione proattiva di guasti e sostituzioni; La gestione continuativa della sicurezza; La garanzia di conformità alle policy aziendali e al dettato normativo; La dismissione, ovvero la gestione dell’end-of-life, possibilmente in chiave di sostenibilità e rispettosa dei principi dell’economia circolare. Asset management, un onere non indifferente per l’IT L’asset management dell’ecosistema digitale ricade tra le responsabilità dell’IT ed è uno dei suoi oneri più gravosi. Ciò dipende da molteplici fattori, compresa la moltiplicazione e l’eterogeneità dei device da governare, a ognuno dei quali bisogna garantire performance adeguate, operatività continua, rapidità di aggiornamento e di sostituzione in caso di guasto, nonché tutta la sicurezza necessaria per poter operare con dati sensibili e applicazioni mission-critical: ciò significa proteggere i dispositivi dai malware, da errori umani e da altre minacce cyber, ma anche dal rischio di furto e di smarrimento. L’ampiezza e la complessità dell’ecosistema da gestire, la crescente pressione economica, le competenze richieste e il carattere time-consuming di tutte queste attività (non da ultima, la relazione con molteplici fornitori) spingono le aziende a considerare l'IT outsourcing come la migliore strategia per potenziare le operazioni e vincere le sfide di natura economica. L’IT outsourcing prevede la delega a un partner di fiducia per quanto riguarda la gestione degli asset informatici lungo il loro intero ciclo di vita, dalla fornitura alla dismissione, ma senza dimenticare la gestione quotidiana, il supporto agli utenti e il monitoraggio. L’operatore può essere il produttore stesso dei dispositivi, da cui numerosi vantaggi per l’azienda, o una realtà terza specializzata. Perché le aziende si affidano all’IT outsourcing: 4 buoni motivi La scelta oculata di fornitori di servizi e soluzioni IT, attraverso un processo di IT sourcing ben strutturato, consente alle aziende di ottimizzare le proprie risorse finanziarie e umane, concentrandosi sul core business e migliorando la flessibilità operativa. Andiamo più nel dettaglio. 1. Specializzazione delle competenze L'IT outsourcing permette di accedere a competenze e conoscenze avanzate nella gestione di ecosistemi IT. Chi eroga i servizi può contare su professionisti altamente qualificati, capaci di applicare le best practice in qualsiasi task venga loro richiesto, dalla gestione dei guasti alla risposta alle richieste più comuni. La specializzazione del partner contribuisce a garantire che gli asset siano gestiti in modo efficiente, ottimizzati e allineaio agli obiettivi aziendali, con un impatto positivo non solo sulla produttività, ma anche sui costi. Se il partner è anche il produttore dei dispositivi, si moltiplicano i benefici per l’azienda. In primis, il produttore ha il pieno controllo sulla progettazione e la produzione, potendo così personalizzare i prodotti sia a livello hardware che software in funzione delle esigenze del cliente. Inoltre, il produttore può sfruttare i suoi processi logistici per accelerare le sostituzioni e le riparazioni, ma anche per farsi carico anche della gestione dell’end-of-life improntandola sui principi di riuso e di riciclo, compatibili con il grande tema della sostenibilità. 2. Maggior attenzione al core business A prescindere dalle attività esternalizzate, l’IT outsourcing consente alle imprese di concentrarsi sulle attività centrali del business e sul raggiungimento degli obiettivi strategici. Quando un partner di fiducia è responsabile della gestione degli asset IT, il personale interno può concentrarsi su iniziative più strategiche e a valore aggiunto. Questa delega di responsabilità riduce la necessità di sviluppare e mantenere internamente competenze specialistiche non strettamente legate al core business. Inoltre, l'IT sourcing abilita il rapido accesso a tecnologie d’avanguardia e l’adozione di soluzioni innovative senza dover gestire l'intero ciclo di vita delle risorse IT. 3. Monitoraggio continuo e ottimizzazione Adottare un modello di IT outsourcing presuppone che il partner eroghi un servizio di monitoraggio continuo delle prestazioni dei propri asset, identificando opportunità di ottimizzazione, di mitigazione del rischio e di miglioramento continuo. Difatti, le attività di monitoraggio sono essenziali per individuare tempestivamente eventuali anomalie nelle prestazioni dei sistemi e delle applicazioni, consentendo sia interventi immediati che quelli relativi alla prevenzione. Ciò contribuisce a garantire una maggiore stabilità operativa e a evitare interruzioni nei processi aziendali. Analizzando poi le performance, il partner scelto per l’IT outsourcing può proporre soluzioni mirate per migliorare l'efficienza operativa, ridurre i costi e massimizzare il rendimento degli asset. 4. Riduzione dei costi operativi L'IT outsourcing porta a una riduzione significativa dei costi operativi rispetto al paradigma tradizionale che affida la gestione degli asset unicamente a squadre interne. Gli outsourcer possono contare sulle economie di scala perché erogano i propri servizi a molte organizzazioni, e questo consente loro di distribuire i costi in modo più efficiente e proporre tariffe competitive. In questa prospettiva l'approccio Device as a Service, in cui ricade il PcaaS o PC as a Service, permette alle imprese di noleggiare dispositivi informatici anziché affrontare onerosi acquisti iniziali. Tale modello libera dalle spese legate all'acquisto, alla manutenzione e alla sostituzione dei dispositivi, contribuendo a una gestione delle risorse finanziarie più efficiente e orientata al risultato.