I 4 punti chiave dell’articolo:
Negli ultimi anni l’integrazione della realtà virtuale nell’apprendimento scolastico ha suscitato un grande interesse perché fornisce agli studenti modalità più coinvolgenti ed efficaci per imparare dei concetti e farli propri – in piena ottica Scuola Digitale.
Attraverso l’uso di dispositivi di realtà virtuale (VR), infatti, gli insegnanti possono portare gli studenti in ambienti virtuali immersivi, offrendo loro svariate opportunità educative e dando modo di testare situazioni che difficilmente potrebbero vivere nella realtà. Basti pensare a come, grazie alla VR, gli studenti possano viaggiare attraverso il sistema solare, vedere da vicino le molecole di qualsiasi elemento oppure analizzare opere d’arte nel dettaglio.
Se è innegabile che, con la giusta preparazione e attenzione, la realtà virtuale possa migliorare l’esperienza di apprendimento, è allo stesso tempo importante comprendere quali sono modalità e device più adatti al contesto scolastico e che tipo di esperienza offrono.
Prima di analizzare i vari tipi di device, è bene ricordare che non tutti propongono lo stesso tipo di esperienza agli utenti. Sostanzialmente possiamo definire tre macrocategorie.
Nonostante il potenziale insito nella realtà virtuale, investire in questa tecnologia viene però ostacolato da una certa resistenza da parte delle scuole, radicata in preoccupazioni legate ai costi, alla curva di apprendimento per gli insegnanti e alle infrastrutture IT necessarie. Questo non è un fenomeno isolato, poiché riflette una più ampia esitazione verso l’integrazione del digitale nell’apprendimento.
Come riporta l’Osservatorio EdTech con una ricerca condotta su 223 istituti, oggi a investire su sistemi di realtà virtuale e/o aumentata è solo il 23% delle scuole: ciò si inserisce in una percezione diffusa secondo cui è ancora complesso adottare soluzioni digitali per la didattica. Oltre alle limitate competenze digitali dei docenti, come si evince nel 50% dei casi, l’indagine sottolinea la mancata percezione dei benefici delle tecnologie per l’apprendimento (23%) e una certa difficoltà nell’utilizzo delle stesse (26%).
Affrontare la percezione diffusa riguardante la complessità nell'integrare tecnologie avanzate, come la realtà virtuale e aumentata, nel contesto educativo richiede l'intervento chiave di un Managed Service Provider (MSP) specializzato. Questa figura professionale può diventare il catalizzatore per la trasformazione digitale nelle scuole: collaborando con gli istituti, può non soltanto facilitare l'adozione di queste tecnologie in base alle specifiche esigenze e al livello di competenza digitale dei docenti, ma anche far emergere quantitativamente i benefici che derivano dal loro impiego. È così che l'innovazione tecnologica diventa un obiettivo accessibile, misurabile e, in ultima istanza, gestibile.
Il mercato offre oggi una vasta gamma di dispositivi pensati per la realtà virtuale, ciascuno caratterizzato da differenti gradi di immersione, determinati dal livello di partecipazione attiva dell'utente all'interno dell'esperienza stessa.
In questa categoria ricadono quei dispositivi che abilitano un’esperienza non immersiva. Sono infatti programmi per computer che simulano un mondo reale o immaginario in formato 3D, mostrato poi su uno schermo. Considerata di norma uno strumento ricreativo, il DVR consente a scuola di esplorare ambienti interattivi, sfruttare il potenziale della gamification e massimizzare la collaborazione tra discenti.
Si tratta di sistemi di visualizzazione con campo visivo più ampio che ricreano un’esperienza immersiva a tutto tondo. In questa categoria troviamo dispositivi costituiti da un grande schermo curvo su cui vengono proiettate immagini panoramiche tridimensionali, che abbracciano l’utente a 360 gradi.
Gli EMRELE sono ambienti di apprendimento misto in cui gli utenti possono interagire con oggetti virtuali e fisici utilizzando diverse modalità sensoriali, compresi i sensi cinestetici. Sono così in grado di integrare elementi legati a realtà virtuale e aumentata, consentendo agli studenti di partecipare a esperienze educative più coinvolgenti utilizzando direttamente il loro corpo.
Gli Immersive Virtual Reality (IVR) abilitano un’esperienza di immersione totale attraverso la simulazione di un ambiente virtuale tridimensionale a cui accedere con il visore integrato: dal punto di vista dei benefici, gli IVR potenziano la navigabilità in prima persona, la dinamicità della scena e la visione stereoscopica molto di più rispetto alle altre categorie. Qui ritroviamo gli Head-Mounted Display.
Diverse istituzioni scolastiche hanno capito il valore aggiunto della realtà virtuale nell’apprendimento, integrandola con successo all’interno dei loro programmi. Tra queste, spicca in Italia l'Istituto Superiore “Matteo Ricci” di Macerata che, grazie ai finanziamenti del PNRR previsti per le Next Generation Classroom, ha implementato l'uso di visori VR per diverse lezioni tipicamente tradizionali – come storia, geografia e chimica.
Dopo una prima fase di sperimentazione legata solo ad alcune classi, l’istituto ha seguito una roadmap ben definita che non mira a sostituire la formazione frontale, ma a integrarla, arricchendola con una dimensione più stimolante: per questo è stato organizzato un corso di formazione per insegnanti, in modo da equipaggiarli con le abilità tecniche necessarie all'utilizzo dei visori, oltre a fornire loro le competenze didattiche per implementare efficacemente questa tecnologia all'interno dei percorsi di apprendimento.
Analogamente, nel Regno Unito, la Reddam House nel Berkshire ha adottato la VR in modo estensivo nel suo curriculum. Gli studenti utilizzano i visori per approfondire i temi al centro delle lezioni, immergendosi anche in un Eduverso dedicato. Nathan O'Grady, responsabile del progetto, ha sottolineato come la realtà virtuale permetta di condurre esperimenti scientifici altrimenti irrealizzabili o troppo pericolosi per un'aula tradizionale, massimizzando così la sicurezza dei discenti.
Fonti consultate: